Pd, ticket Renzi – Pisapia per il dopo Letta, mentre Fare il Pd si prepara allo scontro con il sindaco di Firenze.
[ad]L’arena è pronta, manca solo da definire la data dello scontro. Potrebbe riassumersi in questo modo il lungo cammino del Partito democratico verso il congresso autunnale.
Semmai dovesse tenersi. Infatti, nonostante i proclami di Massimo D’Alema e le rassicurazioni del segretario Epifani, non è stato ancora fissato il giorno dell’inizio dei lavori dell’Assemblea.
Ieri, in questo articolo abbiamo riportato l’appello di Matteo Renzi alla dirigenza del Pd, con cui ha invitato i dirigenti a non fare melina sull’organizzazione della convention democratica.
In effetti, per il sindaco di Firenze si tratta di una corsa contro il tempo, poiché il primo mandato a Palazzo Vecchio si avvia al termine. Per cui non può rischiare di rimanere incastrato tra due poltrone, scelta che potrebbe affossarlo politicamente.
Stamattina, l’edizione milanese di Repubblica ha riportato un’indiscrezione, secondo cui – in caso di fallimento del governo Letta – alle prossime elezioni politiche potrebbe presentarsi davanti agli elettori di centrosinistra il duo Renzi-Pisapia, un vero e proprio “ticket dei sindaci”, che ha già ricevuto un endorsement ufficiale: “Una candidatura come quella di Renzi ha bisogno di essere ‘coperta’ sul fianco sinistro, per questo l’idea del ticket con Pisapia, anche se prematura, potrebbe avere un senso” ha detto il fedelissimo renziano Lorenzo Guerini.
D’altronde, il sindaco meneghino Giuliano Pisapia ha recentemente appoggiato la corsa del suo collega a Palazzo Chigi, sebbene alle ultime primarie abbia dato la sua preferenza al governatore Vendola e successivamente a Pierluigi Bersani. La motivazione è quasi scontata: l’avvicinamento a Renzi è l’unica mossa vincente che si possa fare in questo momento.
Ma di certo non la pensano allo stesso modo gli irriducibili del partito di via del Nazareno. Infatti, il 4 luglio si è svolta a Roma la riunione organizzata dai firmatari del documento “Fare il Pd”, il nuovo “correntone” democratico (copyright Renzi).
Presente tutto il Politburo piddino, tra cui Massimo D’Alema, che non ha risparmiato critiche al giovane rottamatore: “Se ci si candida è per fare il segretario del partito, non per fare una precampagna elettorale in vista di elezioni politiche che non sono neanche previste”. Grande assente Walter Veltroni, il quale punta molto sul messaggio efficace di Renzi, portavoce naturale – a suo dire – del discorso del Lingotto, che aveva lanciato l’allora sindaco di Roma verso la segreteria del Pd. Mentre l’arcinemico e pseudo sfidante di Renzi al Congresso, Stefano Fassina ha attaccato con decisione il primo cittadino gigliato: “Io lavoro a costruire una proposta per un Pd adeguato ai problemi radicali che abbiamo di fronte oggi. Tutti dovremmo fare così, anche chi usa il vittimismo come marketing congressuale”.
Alla fine, il partito è ormai spaccato, ma la situazione sembra oggettivamente diversa da quella descritta dal ministro Franceschini. Se è vero che – stando a quanto egli stesso ha dichiarato – il Pd è di fatto diviso tra democristiani nostalgici e veterocomunisti, non può sfuggire un’altra contrapposizione di sostanza, cioè quella tra la dirigenza democrat e gli amministratori (ex e in carica) iscritti al partito: i primi, in larga parte, sembrano orientati verso la continuazione della linea Bersani-D’Alema, ancora in cerca dell’erede di Epifani, mentre i secondi – come Delrio, Emiliano, Veltroni, Marino, Fassino, il bolognese Merola e il “forestiero” Pisapia – sono convinti dell’apporto benefico del rottamatore nel ruolo di segretario.
La campagna elettorale di Matteo Renzi comincerà a momenti, tuttavia il suo intento è già chiaro: presentarsi come aspirante “sindaco d’Italia”. Con o senza Pd.
Fabrizio Neironi