Governo, pubblici i redditi e lo stato patrimoniale. Non tutti i ministri ancora in regola. E Letta li sollecita
L’operazione trasparenza nei conti pubblici è partita. Il ministro della Funzione pubblica Giampiero D’Alia (Udc) l’ha definita una rivoluzione, una cosa “forse provata per la prima volta al mondo”.
L’obiettivo è quello di rendere assolutamente conoscibili e comprensibili ai cittadini tutti gli esborsi di denaro pubblico, dal pagamento dei contratti per beni, servizi e forniture alle tanto chiacchierate consulenze esterne, dalla gestione degli appalti agli stipendi di manager pubblici. Si tratta del primo tentativo di implementare quanto previsto dal decreto legislativo 33 del 14 marzo scorso, voluto dall’esecutivo allora guidato dal senatore a vita Mario Monti e ideato da Filippo Patroni Griffi, ex responsabile del dipartimento Pubblica amministrazione e attualmente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Proprio per sollecitare la pubblicazione dei dati inerenti redditi, stato patrimoniale, titolarità d’imprese o partecipazioni azionarie (anche dei rispettivi coniugi) di tutti i componenti del governo, il presidente del Consiglio Enrico Letta, per il tramite dello stesso Patroni Griffi, ha chiesto a ministri e sottosegretari di ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, procedendo, entro la fine del mese, a compilare la scheda “sulla trasparenza della posizione patrimoniale e reddituale dei titolari di cariche di governo” che si trova sul sito istituzionale di Palazzo Chigi. Per i ritardatari o gli inadempienti è previsto un complesso sistema di sanzioni, con multe che andranno da un minimo di 500 euro ad una pena massima di 10.000.
[ad]A dover essere rendicontati non solo i compensi percepiti dai titolari di cariche pubbliche come indennità connesse alla funzione svolta, ma anche tutti gli importi incassati a titolo di rimborsi per viaggi di servizio e missioni.
Il premier Enrico Letta ha sottolineato l’importanza del provvedimento in chiave di gestione controllata della spesa pubblica ed ancor di più per ridare alla classe politica, sempre più considerata alla stregua di una casta attaccata a privilegi ed emolumenti faraonici, un minimo di credibilità agli occhi dell’opinione pubblica e dei singoli cittadini.
Tra i ministri più zelanti nel pubblicare i redditi e le proprietà, il ministro della Difesa Mario Mauro e quello delle Politiche U.E. Enzo Moavero Milanese. Entrambi hanno dichiarato oltre a stipendio e automobili, anche la proprietà di un immobile a Bruxelles. Puntuali anche il titolare dell’Ambiente Orlando ( vive con la madre a La Spezia e possiede una Fiat Bravo), il ministro delle Riforme Quagliariello (“guadagnavo di più prima di entrare in politica, però sono d’accordo con la missione trasparenza”) e D’Alia ( “ ho dichiarato tutto, anche quello che riguarda mia moglie, mia madre e i miei fratelli”). Non tutti, quindi, si sono ancora messi in regola, mentre c’è chi prefigura possibili rischi per la riservatezza di dati personali. Proprio D’Alia, pur riconoscendo rischi di curiosità morbosa per informazioni sensibili ha, però, difeso la ratio del provvedimento perché “chi fa questo lavoro deve rassegnarsi ad essere il più possibile trasparente e rendicontabile”. Le previsioni del decreto legislativo non riguarderanno solo Palazzo Chigi e i ministeri romani ma dovranno essere recepite anche dai livelli di governo subnazionali e dagli enti territoriali. In fase di definizione, a tal fine, una task-force per vigilare sulla corretta applicazione della normativa.
Gianni Parlatore