Pd, cresce il coro pro-Renzi. Il sindaco disegna il partito che ha in mente
Mentre le sue truppe continuano a ingrossarsi, Matteo Renzi sembra sempre più tentato dalla corsa alla segreteria del Pd. A far vacillare le residue resistenze del sindaco di Firenze il coro montante di chi gli chiede di rompere gli indugi e provare a scalare le gerarchi di via del Nazareno. La scelta definitiva non è ancora, però, stata presa. Il primo cittadino del capoluogo toscano intende prima risolvere il rebus di un’eventuale ricandidatura alla guida di Palazzo Vecchio. A frenare il rottamatore sono, poi, le incertezze e i ritardi degli attuali vertici del partito nel fissare la data del congresso e nel definire le regole per le eventuali primarie con le quali scegliere segretario e candidato alla premiership. Il fuoco interno, nonostante il segretario Epifani provi a indossare le vesti del pompiere,intanto non si placa visto che fino a qualche giorno fa D’Alema tacciava Renzi di vittimismo, mentre un altro pezzo da novanta dei democrats come il ministro Franceschini parlava di un Matteo con la testa rivolta solo a Palazzo Chigi.
[ad]Nonostante i dubbi non siano stati del tutto sciolti, né il campo sgombrato da possibili agguati interni, Renzi, intervistato oggi dal quotidiano La Repubblica, prova a portarsi avanti, iniziando a tratteggiare il profilo e l’identità del Pd che vuole. “Un partito moderno, pensante e non pesante”, basato sulle idee più che sulle tessere, un Pd che rappresenta “l’unica possibilità che il paese ha per uscire dal tunnel della crisi mentre Grillo ha già bruciato le sue chance e Berlusconi pensa a tutt’altro che agli italiani.”
L’obiettivo prioritario del Renzi-candidato segretario rimane sempre lo stesso: svecchiare il partito, scrostarlo “dei vecchi residui burocratici e simil-ministeriali”, liberarlo dal giogo del correntismo, indurlo ad un soprassalto di coraggio aprendolo all’ambizione di conquistare anche “i voti di chi finora non l’ha sostenuto”. Per condurre in porto il progetto il sindaco fiorentino continua a tessere la sua trama interna al partito, coltivando il rapporto con la base scontenta e delusa dalle gestioni precedenti, battendo il territorio palmo a palmo. Niente capi-corrente o big al suo fianco, ma solo tanti amministratori locali, dirigenti territoriali, semplici militanti dei circoli. La struttura di partito che intende realizzare è ben chiara nella sua mente, e assai innovativa:meno caminetti romani e accordi di poltrone tra maggiorenti, e maggiore spazio alla rete e al modello del volontariato.
Anche tra i gruppi parlamentari democratici, nel frattempo, le fila dei renziani continuano a infittirsi. Sono ormai una quarantina i deputati pronti a sostenere la corsa verso la guida del partito, tra cui i fedelissimi Bonafè, Nardella e Boschi, oltre al nuovo guru economico Gutgeld. Non sono passate inosservate, poi, le aperture di credito lanciate in preparazione della fase congressuale da parte di dirigenti di prima fila che alle primarie dello scorso novembre si erano schierati dalla parte di Bersani, a cominciare da alcuni veltroniani e da Nicola Latorre che, a dispetto della sua etichetta di dalemiano di ferro, ha insistito per la candidatura di Renzi e per archiviare eventuali ipotesi di sdoppiamento della carica di segretario da quella di aspirante-presidente del Consiglio.
Sul rischio che una sua vittoria alla corsa per la segreteria possa indebolire il governo Letta, fino ad infliggergli il colpo di grazia con la richiesta di eventuali elezioni anticipate, il rottamatore garantisce che anzi un Pd forte, con una guida legittimata dal voto della base possa essere la miglior spinta per Letta e per l’esecutivo intero, “ a patto che l’obiettivo sia quello non di tirare a campare, ma di decidere e fare le cose che servono a portare l’Italia nel futuro.”
Gianni Parlatore