Dilemma greco: come molti sanno una polemica infuocata in questi anni ha visto gli attacchi di una nutrita corrente di economisti e non di prevalente profilo keynesiano guidata da Nobel come Krugman e Stigliz i quali rimproverano all’Europa di avere voluto “punire” la Grecia negando un aiuto senza condizioni dal 2009, in un’ottica di solidarietà europea.
[ad]La loro posizione è che dandone invece uno parziale e soprattutto condizionandolo a pesantissimi provvedimenti di austherity (questi veri, non come quelli italiani), il crollo del PIL greco ha costretto l’Europa stessa a ulteriori esborsi dopo il primo del 2010, fino a un totale di 207 miliardi di aiuti, andati in maggioranza al pagamento degli interessi sul debito, altrimenti insolvibile.
Di fatto con un aiuto risolutivo e non condizionato a dure riforme e tagli delle spese l’economia ellenica non sarebbe peggiorata, si sarebbe ripresa rendendo non necessaria la seconda tranche di aiuti e il salvataggio greco così sarebbe alla fine costato meno.
L’obiezione degli economisti della Commissione europea si è riassunta in due parole: “moral hazard”, ovvero l’azzardo morale, in economia quell’atteggiamento di una parte che è portata opportunisticamente a violare le regole a proprio vantaggio se viene permesso di farlo senza conseguenze, oppure se i costi non ricadono su se stessi ma su tutti, e con il pericolo di un effetto contagio per cui altri attori sarebbero indotti a fare lo stesso.
E’ il caso paventato nella vicenda greca, ovvero che ricevendo aiuti poco o nulla condizionati i governi avrebbero continuato con la finanza allegra e l’eccesso di spesa pubblica, non scorgendo un vero disincentivo nel farlo, visto che il salvataggio dal default sarebbe stata pagato più dall’Europa nel complesso che dalla Grecia stessa. Inoltre che altri Paesi come Italia, Spagna o Portogallo potessero seguire la stessa strada di un mancato aggiustamento dei conti e perseguimento di disciplina fiscale, vedendo l’esempio greco, era un altro timore.
Tutto ciò avrebbe portato a un ripetersi della crisi di solvibilità dopo pochi anni, con altri esborsi di aiuti da parte della UE, fino a vanificare il risparmio immaginato poc’anzi.
Diciamolo chiaramente, alla Commissione Europea avevano ragione, conosciamo la classe politica greca e italiana, come hanno gareggiato in ipcrisia, inattivittà, false promesse e clientelismo, e nulla ci fa pensare che sarebbero diventati virtuosi da soli. Non si tratta di una scusa, ma veramente di un caso di scuola di azzardo morale.
Allora l’unica soluzione era la pesante austerità imposta? Forse no.
Forse c’era una terza via.
Un modo per evitare l’azzardo morale poteva essere trovato nel far pagare le conseguenze della truffa dei conti e della spesa facile alle classi dirigenti e non all’economia greca nel complesso. Un tribunale internazionale europeo che certificasse e giudicasse il falso in bilancio avvenuto, e punisse con pesanti sanzioni, tra cui il carcere, le truffe. Un tribunale che sarebbe poi dovuto essere permanente, come quello dell’Aja, almeno per i membri UE, e che avesse punito, in misura diversa, anche i “pesci piccoli”, non solo premier e ministri, ma anche funzionari e dirigenti compiacenti. Un processo che avrebbe avuto visibilità e allo stesso tempo legittimità, la cui accettazione da parte della Grecia sarebbe stata conditio sine qua non per l’accesso agli aiuti economici. Un tale esempio, primo e unico nella storia, una Norimberga economica, avrebbe fatto da fortissimo deterrente al ripetersi da parte di futuri governanti di simili irresponsabilità economica.
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[ad]Certo, l’opinione pubblica greca non avrebbe accettato a cuor leggero che giudici stranieri giudicassero compatrioti, in una sorta di processo al Paese intero e la politica avrebbe usato la leva del nazionalismo, in Grecia più vivo della media europea, per opporsi a tale evenienza.
Tuttavia appare come l’unica vera alternativa all’uso di una feroce austerità in funzione anti-moral hazard, e sarebbe stato tra i compiti dell’Unione Europea e dei sui membri convincere le popolazioni dell’ineluttabilità della soluzione.