Che il principio della laicità dello Stato in Italia sia lettera morta è cosa nota. Ma che un ministro della Repubblica si spinga fino a definire l’ateismo uno di quegli aspetti da «contrastare» che, «al pari dell’estremismo, minacciano la società» è oggettivamente troppo. Eppure è quanto sostiene il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un articolo pubblicato sull‘Osservatore Romano il 22 ottobre. Una lettera accorata e per molti versi anche condivisibile, dove Frattini ricorda giustamente le persecuzioni di cui, nel mondo, sono vittima i cristiani e si spende per un concetto auspicabile, vista la quantità di morti che produce a livello globale: il dialogo interreligioso.
Peccato la stretta di mano sia invocata per il motivo sbagliato. E cioè per chiedere una comune lotta contro l’ateismo, annoverato tra i «fenomeni perversi» che portano al «fanatismo e all’intolleranza» e, in ultima analisi, escludono radicalmente la «centralità della persona umana». Fosse un parere personale del cittadino Franco Frattini, poco importerebbe. Invece sono parole che hanno conseguenze politiche, pronunciate non dall’uomo, ma dal ministro. Che infatti, dopo essersi scagliato contro l’ateismo nel modo appena descritto, conclude: «Ecco perché la politica estera italiana vede nella promozione della libertà religiosa un punto fondamentale, trattandosi di un diritto fondamentale di ciascuna persona umana». Tra cui, si deduce, non rientra la libertà di non credere in Dio.
Come se gli atei fossero delle non-persone, delle pecorelle smarrite a cui lo Stato italiano deve farsi carico di mostrare la via maestra della redenzione e del compimento morale e intellettuale. Una prospettiva aberrante, che contrasta non soltanto con la Costituzione ma con i più elementari principi della convivenza civile. Non ultimo, una prospettiva in aperta contraddizione con quanto affermato nel resto dell’articolo dallo stesso Frattini. Perché mai essere ateo non dovrebbe rientrare tra i diritti fondamentali di ciascuna persona umana? Quale legge dello Stato italiano prevede che una simile posizione di fede – perché di un atto di fede si tratta, non me ne vogliano gli atei – sia «perversa», conduca necessariamente all’ «intolleranza» e dunque debba essere debellata in quanto minaccia per la società?
Il fraintendimento che sta alla base del ragionamento di Frattini è, a mio avviso, lo stesso che equipara ogni musulmano a un fondamentalista pronto a farsi saltare per aria in una stazione affollata. Lo stesso che trasforma una scelta personale in un virus che si propaga infettando le altre menti. Perché non si vede per quale ragione ogni ateo debba necessariamente essere intollerante. Per quale ragione un ateo non possa promuovere quel rinnovato «umanesimo» i cui destini secondo Frattini riposano unicamente nelle mani della religione (e l’Illuminismo, ministro?).
Come non si capisce che cosa esattamente escluda l’ateismo da quella «promozione della libertà religiosa» che il ministro giustamente difende. Ma che, contrariamente a quanto argomenta, riguarda tutti i cittadini italiani, non solo i credenti. E che, per essere davvero libera, rende lecita anche la negazione della religione. A meno che, per qualche ragione, siano solo i credenti ad avere piena cittadinanza. Se così fosse, credo il ministro abbia il dovere di esplicitarlo, e assumersene pubblicamente la responsabilità. Il tutto, se possibile, senza annoverarsi tra i fanatici e gli intolleranti che si propone di combattere.
(blog dell’autore: il Nichilista)