Fini e il mistero del delfino diseredato
Era una giornata dell’agosto 2003. Uno di quei giorni nel bel mezzo dell’immensa e sconfinata estate degli studenti medi italiani in cui alla sera ti chiedi cosa hai fatto e, arrivando alla conclusione che non hai fatto proprio “nulla”, provi un leggero senso di inspiegabile soddisfazione.
In questa situazione non scorderò mai quando sfogliando il “Venerdì” di Repubblica, mi imbattei in una misteriosa intervista che destò il mio stupore e il mio interesse.
[ad]La mia iniziazione alla politica era già iniziata da tempo e sentivo in me già dei sentimenti che poi mi avrebbero spinto all’ardente desiderio di spadroneggiare, questo il risultato minimo richiesto, la materia politica dal punto di vista strettamente cognitivo. Ma, nonostante questi sentimenti fanciulleschi, il contenuto dell’inquietante intervista mi avrebbero ben potuto spingere a cambiare pagina e resettare tutto. Ma ciò non avvenne, e oggi son qui a scrivere questo pezzo.
L’articolo in questione era legato ad un tema allora molto sentito e che riguardava forse il caso giudiziario più trattato in quel periodo: l’affaire Telekom Serbia.
Non starò qui a ricordare il succo della questione, si trova facilmente del resto la documentazione necessaria su internet, anche perché, per quanto possa apparire paradossale, non è l’aspetto centrale della questione.
Infatti l’inserto settimanale del noto quotidiano trattava del caso Telekom Serbia intervistando l’allora presidente della commissione bicamerale incaricata di fare luce sul caso: tale Vincenzo Trantino.
Erano del resto tempi in cui il centrodestra, scientificamente, tendeva a dare qualche colpo basso, o comunque cercava di trovare documentazioni per ottenere questo obbiettivo, al centrosinistra, indagando, anche a livello parlamentare, su qualche vecchio scheletro nell’armadio.
Questa intervista a Trantino dunque analizzava il lavoro della commissione, ma si finì anche a parlare del personaggio che io personalmente non avevo mai sentito ne visto in vita mia. Mi ricordava, per certi versi, un’intervista pubblicata sullo stesso inserto un anno prima, nell’estate del 2002, quando mi gustai, sempre nella solita location vacanziera, un intervista a Melchiorre Cirami, primo firmatario del disegno di legge sul legittimo sospetto, che si concludeva con un elogio “al comunista Oliviero Diliberto. Con lui abbiamo fatto molte cose buone quando era Guardasigilli”.
Trantino dunque parlava di se perché agli occhi della maggior parte dei lettori egli poteva apparire come un semplice peones incaricato di sbrigliare una matassa molto complessa o comunque di metter la faccia in un’operazione poco trasparente e con scarsa possibilità di successo. L’intervista evidenziò come la vicenda fosse un po’ più complicata. Questo Trantino infatti era un avvocato penalista di Catania iscritto al gruppo di Alleanza Nazionale e che in realtà aveva alle spalle una lunga militanza politica e una lunga esperienza parlamentare. Dichiarava di avere tendenze monarchiche e di aver sostenuto in gioventù tenacemente queste tesi legittimiste. Col tempo era diventato un rispettabile parlamentare missino che, seguendo tutte le evoluzioni della destra italiana, si era trovato a capo di quella Commissione e in Parlamento con An.
L’ultima domanda dell’intervista era però destinata a rimanere nella mia memoria. Così come la risposta dell’intervistato. Alla seguente domanda infatti: “Cosa ne pensa di Gianfranco Fini?”, Trantino rispose: “E un buon dirigente politico. Il delfino di Giorgio Almirante. Anche se un giorno dell’87, ad una festa dell’Msi a Ferrara, Almirante mi prese in disparte e mi confessò…no, basta. Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
L’intervista finiva così. Potete immaginare il trauma per un 14enne che si sforzava di capirne di più dell’”anatomia del potere italiano”.
Questo episodio mi rimase in mente per molto tempo. E tra me e me formulai differenti teorie. Del resto lo stesso Trantino (se escludiamo un’ingloriosa apparizione alle “Iene” dove, ai microfoni di Sabrina Nobile, tentennava nel rispondere alla domanda “in che anno è caduto il muro di Berlino”) dopo la fine della Commissione d’inchiesta su Telekom Serbia non comparve praticamente mai in video.
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