Sciopero benzinai il ministro Zanonato attacca i petrolieri “Basta aumenti”
Sciopero benzinai, il ministro Zanonato attacca i petrolieri: “Basta aumenti”
[ad]Alla fine, lo sciopero dei gestori delle pompe di benzina autostradali ci sarà: l’hanno annunciato ieri, in un comunicato congiunto, le tre sigle sindacali Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Anisa Confcommercio.
Dunque, gli automobilisti che approfitteranno delle ferie per raggiungere le località vacanziere saranno a fare i conti con lo sciopero ed organizzarsi.
Lo sciopero terminerà soltanto venerdì mattina alle ore 6. Si può già immaginare il disagio che questa ennesima “vertenza del solleone” procurerà ad automobilisti e autotrasportatori.
I gestori hanno preso questa decisione in conseguenza dell’aumento del prezzo della benzina da parte delle compagnie petrolifere che li forniscono. Tale scelta li ha costretti a ritoccare i listini in modo considerevole. Ma tra i bersagli appare anche il governo, reo – secondo le associazioni di settore – di non essere intervenuto con decisione nella risoluzione della contesa.
Infatti il comunicato di Faib, Fegica e Anisa recita: “Solo assoluta indifferenza, nessun intervento per esercitare le prerogative istituzionali indirizzate a garantire il rispetto delle leggi e degli accordi formalmente sottoscritti. Nessuna attività di mediazione fra le parti per impedire un vero e proprio «olocausto» economico perpetrato ai danni di centinaia d’imprese di gestione e di oltre 6 mila lavoratori cui viene violentemente sottratto reddito e posto di lavoro”.
I benzinai lamentano il mancato supporto dello Stato di fronte alla forte crisi del comparto dei carburanti.
Nel fine settimana appena conclusosi, la verde ha toccato quota 1,836 € al litro (in alcune regioni 1,877 €/l), mentre per la stessa quantità di gasolio – in media – si è dovuta sborsare all’incirca la somma di 1,739 €. Il Sole 24 Ore ha rilevato il miglior prezzo della benzina in Lombardia (1,787), invece nella regione Umbria il gasolio è tra i più bassi d’Italia (1,675).
D’altra parte i prezzi dei barili di Brent e WTI – sui quali si basa l’offerta del mercato petrolifero – sono saliti rispettivamente a 108 $ e a 106 $. In seguito a questo valore, le compagnie hanno deciso di mettere mano ai prezzi, considerando anche l’aumento della domanda.
Tuttavia, nel caso italiano, è risaputo come il peso delle accise gravi per più del 45% sul prezzo finale del carburante. Uno studio della Cgia di Mestre ha riportato il totale di Iva e accise pagata su un litro di carburante: 1,030 € al litro, “meglio” di noi solo i Paesi Bassi (1,059 €/l). Soltanto qualche giorno fa, in Commissione Bilancio, il deputato di Scelta Civica Gianfranco Librandi ha presentato un emendamento al “Decreto del Fare” “per eliminare l’aumento dell’accisa sui carburanti per il 2014, trovando nelle pieghe del bilancio i tagli necessari per coprire le maggiori entrate”.
L’accisa è una tassa silente, il cui aumento ha finanziato in passato numerose operazioni d’intervento dello Stato, dalla spedizione in Abissinia (1935) al finanziamento della ricostruzione nelle zone terremotate dell’Emilia. Insomma, si tratta di aumentare di qualche centesimo un balzello in modo indolore, così da poter rimpinguare le casse dell’Erario. Con l’ultimo decreto Letta verranno racimolati 75 milioni.
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