Considerazioni sulla proposta Mucchetti

Considerazioni sulla proposta Mucchetti 

[ad]Su un PD già profondamente provato dalle vicende politiche degli ultimi mesi – dalla formazione del Governo all’elezione del Presidente della Repubblica, dai rospi inghiottiti in temi di politica economica fino alla vergognosa decisione di bloccare i lavori del Parlamento mezza giornata, per non parlare dello scandalo kazako – la proposta di legge S.853 presentata in data 12 luglio a firma di Massimo Mucchetti e sostenuta da altri ventiquattro senatori tutti democratici ha gettato letteralmente benzina sul fuoco.

La proposta, volta a rivedere la Legge 60/1953 ed il Decreto del Presidente della Repubblica 361/1957 in termini di condizioni di eleggibilità dei parlamentari, è stata vista come un regalo, l’ennesimo, del Partito Democratico a Berlusconi. Beppe Grillo dal suo blog ed Il Fatto Quotidiano, primi tra tutti, non hanno esitato ad andare all’attacco del PD, definito il fedele cagnolino di Berlusconi, il partito che regala al Cavaliere un ulteriore anno di permanenza in politica.

Già, perché la proposta Mucchetti, stando a quanto riportano tali fonti, trasformerebbe l’ineleggibilità in incompatibilità, dando un anno di tempo a Berlusconi per scegliere tra le sue aziende ed il suo seggio, un ulteriore anno di conflitto di interessi, un ulteriore anno di vita politica e mediatica in cui il Cavaliere potrebbe tentare qualche ulteriore colpo per sparigliare le carte.

Una lettura più attenta della proposta, tuttavia, rivela alcuni dettagli nascosti.

La proposta di legge Mucchetti va ad abrogare in primo luogo l’articolo 10 del Decreto del Presidente della Repubblica 361/1957, ovvero la parte della legge che recita:

Non sono eleggibili inoltre:
1) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta;
2) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;
3) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l’opera loro alle persone, società e imprese di cui ai nn. 1 e 2, vincolate allo Stato nei modi di cui sopra.
Dalla ineleggibilità sono esclusi i dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri di Prefettura.

Quindi rimuove sostanzialmente una serie di cause che comportano l’ineleggibilità di un cittadino.

 

Successivamente, la proposta di legge va ad aggiungere un articolo di legge alla Legge 60/1953, che invece tratta i casi di incompatibilità tra cariche aziendali e cariche pubbliche.

(Per continuare la lettura cliccate su “2”)

Non si tratta tuttavia di un pedissequo copia-incolla, come sbandiera chi sostiene che il PD intenda semplicemente trasformare l’ineleggibilità in incompatibilità; la proposta Mucchini infatti recita:

1. Dopo l’articolo 2 della legge 15 febbraio 1953, n. 60, è inserito il seguente:
«Art. 2-bis. — 1. Anche fuori dei casi previsti dall’articolo 2 e ferma restando l’applicazione del medesimo articolo, i membri del Parlamento non possono avere, nelle imprese che siano in rapporti con amministrazioni pubbliche, interessi rilevanti determinati da una delle seguenti condizioni:
a) la qualità di rappresentante legale, amministratore o dirigente di imprese costituite in qualsiasi forma, anche a partecipazione pubblica:
1) quando si tratta di imprese che hanno rapporti contrattuali o negoziali di qualsiasi natura con una pubblica amministrazione, il rapporto comporta l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di prescrizioni normative a tutela di un interesse pubblico e l’impresa ha un volume d’affari di almeno 100 milioni annui, ovvero pari almeno al 3 per cento del volume d’affari complessivo nel mercato di riferimento in ambito nazionale;
2) quando si tratta di imprese che operano nelle attività economiche regolate in base a titoli di concessione, licenza d’uso o comunque in base a titoli della stessa o di analoga natura, rilasciati o conferiti da un’amministrazione pubblica statale, da istituzioni o enti pubblici nazionali ovvero da una regione o da una provincia autonoma;
b) il controllo, anche per interposta persona, ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, o dell’articolo 23, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, nelle imprese di cui alla lettera a);
c) la prestazione d’opera a favore delle imprese di cui alla lettera a), per consulenze a carattere continuativo della durata complessiva di almeno ventiquattro mesi.
2. Ai sensi del comma 1, lettera b), si ha interposizione di persona quando nelle condizioni indicate è il coniuge, il convivente di fatto, un parente fino al quarto grado, un affine fino al secondo grado.
3. L’istruttoria preliminare sui casi di cui al comma 1 è affidata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. A tal fine, ricevuta dal Presidente della Camera di appartenenza la dichiarazione personale concernente le condizioni di cui al comma 1, resa dall’eletto alla stessa Presidenza nel termine di dieci giorni dalla proclamazione, l’Autorità compie, nei trenta giorni successivi, ogni adempimento necessario, anche con i poteri di cui all’articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in quanto compatibili. La dichiarazione dell’eletto è comunicata alle Camere in seduta pubblica dai rispettivi Presidenti. In esito ai propri accertamenti, l’Autorità trasmette una relazione al Presidente della Camera interessata, per gli adempimenti della Giunta competente ai sensi dell’articolo 8.
4. Quando una condizione di incompatibilità prevista dal presente articolo è accertata dalla Giunta competente ai sensi dell’articolo 8, che vi provvede entro i trenta giorni successivi alla trasmissione della relazione di cui al comma 3, il membro del Parlamento, ricevutane comunicazione dalla Giunta, può, entro i trenta giorni successivi, rimuovere la causa di incompatibilità mediante rinuncia idonea alla cessazione della condizione medesima.
5. Si ha rinuncia, nei casi di controllo da partecipazione proprietaria previsti dalle disposizioni di cui al comma 1, lettera b), quando l’interessato conferisce un mandato irrevocabile per la vendita delle proprie quote di partecipazione rilevanti ai sensi delle stesse disposizioni. Il mandato è valido, per gli effetti di cui al presente comma:
a) se vincolato al termine di trecentosessantacinque giorni;
b) se conferito a persona o ente nei cui riguardi il membro del Parlamento interessato non è in alcuna delle condizioni di cui al comma 1;
c) se diretto a vendere a persone o enti che non hanno, neanche per interposta persona ai sensi del comma 2, rapporti contrattuali, di partecipazione azionaria o di natura professionale con il membro del Parlamento interessato;
d) se non è diretto a vendere al coniuge, al convivente di fatto, ai parenti fino al quarto grado, agli affini fino al secondo grado dello stesso membro del Parlamento.
6. Conferito il mandato a vendere, il mandatario ha la piena responsabilità, propria ed esclusiva, concernente i rapporti giuridici connessi alle quote di partecipazione in vendita.
7. La rinuncia è comunicata, per il tramite del Presidente della Camera di appartenenza, alla competente Giunta delle elezioni dal membro del Parlamento interessato, che ne fornisce idonea documentazione entro trenta giorni dalla comunicazione della Giunta, di cui al comma 4.
8. Gli adempimenti di rinuncia sono immediatamente comunicati dalla Giunta competente all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Entro quindici giorni dalla comunicazione, l’Autorità accerta se l’adempimento è conforme alle prescrizioni di cui ai commi 4 e 5. In caso negativo, indica all’interessato le misure necessarie per assicurare la conformità e i termini di adempimento, non superiori a trenta giorni. L’Autorità comunica immediatamente l’esito dell’accertamento al Presidente della Camera di appartenenza, per il seguito di competenza della Giunta, ai sensi dell’articolo 8».

(Per continuare la lettura cliccate su “3”)

[ad]In primo luogo, emerge chiaramente come la platea di azione della legge sia molto più vasta: essa infatti non si applica solo ai titolari di concessioni governative, ma anche agli azionisti e ai beneficiari indiretti di tali concessioni. L’aggiramento del DPR 361/1957 utilizzato da Berlusconi in quanto “mero proprietario di Mediaset” non sarebbe quindi più applicabile.

Addirittura, ai sensi di questa legge ricadrebbero nelle casistiche previste dalla legge tutti i membri della famiglia Berlusconi.

Per regolarizzare la propria posizione, il potenziale deputato o senatore dovrebbe o rinunciare alla carica, oppure disfarsi delle proprietà o quote di partecipazione in società concessionarie dello Stato. Anche qui, si nota, la formula utilizzata è particolarmente severa, in quanto non viene utilizzata la formula del blind trust, comune in molte legislazioni europee, ma viene al contrario imposta una vera e propria vendita, con severe limitazioni sui possibili beneficiari: non deve essere una persona che a sua volta ricadrebbe in situazioni di incompatibilità, non deve essere rivolta ad un parente, e non deve essere rivolta verso persona o ente con cui il deputato o senatore si trova in rapporti economici.
Qualora la vendita non vada a buon fine, sopravviene la decadenza dalla carica pubblica in maniera automatica.
Una formulazione piuttosto seria e rigorosa, che affronta questo particolare caso di conflitto di interesse in maniera alquanto decisa.

Un ulteriore elemento di questa legge è la sua applicazione immediata, quindi con valore retroattivo alle elezioni politiche appena trascorse.

Da cosa derivano, quindi, le contestazioni rivolte alla proposta Mucchetti, in primo luogo dal M5S?
L’ineleggibilità viene commutata in incompatibilità, ecco il pomo dlla discordia.
L’ineleggibilità prevede l’impossibilità per chiunque si trovi – a votazione della giunta della camera di appartenenza – in tale situazione di prendere il proprio posto in Parlamento, con cessazione immediata della carica. Chi, sapendo di trovarsi in una situazione di ineleggibilità, desidera candidarsi, deve intervenire per sanare la propria posizione prima della data delle elezioni.
L’incompatibilità, invece, ammette una possibilità di scelta, che consiste nella rinuncia alla carica o nel sanamento della situazione di incompatibilità, e prevede, in entrambi i casi, un intervallo temporale di margine. In particolare, la proposta Mucchetti calendarizza in questo modo il processo:

(Per continuare la lettura cliccate su “4”)

Occorre tuttavia osservare come il termine di un anno, indicato a tutti gli effetti come misura del regalo del PD a Berlusconi, sia in realtà solo il termine estremo, valido solo qualora il Cavaliere scelga di restare in politica e rinunciare a Mediaset e la vendita della stessa non vada a buon fine. In tutti gli altri casi il tempo sarebbe più breve, fino a ridursi a trenta giorni nell’ipotesi più estrema nell’altro senso.

[ad]Quello che in ogni caso potrebbe essere visto come un regalo in termini di tempo, si traduce in una maggior severità nell’atto della vendita di Mediaset, che come descritto non potrebbe passare di mano all’interno della cerchia dei fedelissimi di Berlusconi né inserita in un blind trust, ma dovrebbe invece essere oggetto di un vero e proprio passaggio di proprietà.

A ciò si potrebbe obiettare che mentre sotto l’egida dell’ineleggibilità Berlusconi sarebbe costretto alle dimissioni, attraverso l’incompatibilità il Cavaliere avrebbe la possibilità di scegliere tra la carica politica ed il controllo delle sue aziende, ovvero gli si darebbe una prerogativa di scelta che prima non possedeva.
Questo, tuttavia, è da considerarsi vero solo se si considera Berlusconi effettivamente ineleggibile secondo la legge attuale, ovvero la formulazione vigente del DPR 361/1957; la norma del 1957 è per forza di cose inadeguata ad esprimere pienamente le sfumature della società attuale, e pertanto l’eleggibilità di Berlusconi è in qualche modo all’interno di una terra di confine che a seconda dell’interpretazione della norma più o meno letterale può far passare il Cavaliere dall’una all’altra condizione.
In un articolo su La Repubblica apparso in data 4 luglio 2013 con il titolo Le anime nobili dei trasmutanti, Franco Cordero ricorda come la Legge 223/1990 ponga un accento tra il formale titolare di concessioni statali ed il beneficiario reale di tali concessioni.
Anche le sentenze relative al processo Mediaset si basano sull’assunto che il reale beneficiario delle concessioni televisive fosse Silvio Berlusconi.
Pesano tuttavia in questa difficile valutazione anche i precedenti: dal 1994 in poi, con maggioranze di qualsiasi colore, l’interpretazione della norma è stata letterale, consentendo a Berlusconi di conservare il proprio seggio dopo l’elezione. Che ciò sia avvenuto per accondiscendenza del centrosinistra nelle occasioni in cui questi era maggioranza è evidente, ma resta il fatto che per cinque elezioni di fila Berlusconi è stato considerato eleggibile.
Né d’altra parte bisogna dimenticare l’episodio delle elezioni regionali del Lazio 2010, quando fu proprio l’interpretazione letterale del regolamento ad escludere la lista del PdL dalla competizione elettorale poi comunque vinta da Renata Polverini.
All’epoca i giornali progressisti reggevano la teoria della verità formale che si fa sostanziale contro il decreto interpretativo frettolosamente varato dal Governo Berlusconi IV per rimediare al pasticcio di Milione, quindi una legge che chiarifichi formalmente le situazioni critiche, si applichi retroattivamente, giustifichi un esito del voto della Giunta differente da quello delle passate legislature e imponga formule di risoluzione del conflitto di interessi anche piuttosto severe in che modo potrebbe essere un regalo a Berlusconi?
Il solo passaggio dall’ineleggibilità (obbligo di dimissioni) all’incompatibilità (scelta tra dimissioni e vendita delle aziende) di certo non giustifica il bombardamento mediatico a cui è stata sottoposta la proposta del Partito Democratico, e lascia invece porte aperte sul modo in cui alcuni influencer della carta stampata e del web pieghino in qualche modo ad esigenze di pancia ciò che dovrebbe essere oggetto di un’analisi più critica e ponderata.

Inoltre non si deve dimenticare che affinché il Cavaliere sia giudicato secondo la proposta Mucchetti questa deve essere approvata in legge, e per di più in tempi terribilmente rapidi.
Salvo cataclismi, quindi, Berlusconi dovrà essere dichiarato eleggibile o meno secondo la vigente normativa, e in caso di risposta affermativa subire poi l’eventuale sentenza della Cassazione prevista per il 30 luglio che ne metterebbe nuovamente a rischio la permanenza in Parlamento.
Il cosiddetto soccorso rosso, se – come probabile – ci sarà, prenderà quindi strade ben diverse da quella della proposta Mucchetti, che si configura invece come un tentativo perfettibile ma interessante di legge sul conflitto di interessi in ambito radiotelevisivo.