Fraccaro (M5S): «Pronti a fare luce sugli sprechi di Senato e altri organi»

Fraccaro (M5S): «Pronti a fare luce sugli sprechi di Senato e altri organi»

«Ci faremo dei nemici, ma proseguiremo fermamente nel nostro lavoro». Riccardo Fraccaro, deputato del M5S e membro del Cap, il Comitato per gli affari del personale, è uno dei relatori del dossier presentato pochi giorni fa dal gruppo 5Stelle alla Camera e riguardante i costi di Montecitorio. Documento che in molti non hanno digerito perché, al suo interno, sono contenute una serie di spese che in tempi di lacrime e sangue suonano stonate. Contattato da Termometro Politico, Fraccaro fa il punto sulla road map dei pentastellati, pronti a ripetere l’iniziativa anche al Senato e negli altri organi istituzionali perché «prima di chiedere altri sacrifici al lavoratore medio dobbiamo esigerli da coloro che da anni godono di certi privilegi».

Onorevole Fraccaro, nel dossier sui costi della Camera che è stato presentato nei giorni scorsi dal M5S ci sono cifre fra le più disparate. Prima di scendere nel dettaglio, le chiedo: qual è quella che l’ha sorpresa di più?

«Direi quella relativa agli affitti. Cifra sproporzionata, un vero e proprio spreco alla luce del fatto che ci sono strutture di proprietà di Montecitorio che vengono sottoutilizzate. Ciò che ci ha colpiti, malgrado stiamo parlando di svariati milioni di euro (circa 30, secondo quanto riportato nel dossier, ndr) è il fatto che i contratti in questione non prevedano la clausola di recesso. Prima di andare avanti, mi faccia fare una doverosa precisazione…».

Prego.

«Molte delle informazioni in nostro possesso le abbiamo acquisite grazie al contributo di persone che ci hanno contattato o fermato nei corridoi di Montecitorio per raccontarci ciò che non andava. In alcuni casi, quindi, non si tratta di dati che provengono dall’amministrazione. Fra le cose che ci sono state segnalate, per esempio, ci sono degli uffici assegnati agli ex presidenti Fausto Bertinotti e Gianfranco Fini, che hanno dei costi non indifferenti. Proseguo citando gli stipendi delle cariche apicali, che sono intollerabili e non più giustificabili. Il fatto singolare è che queste persone, oltre a percepire cifre già altissime in ragione delle loro funzioni e responsabilità, percepiscono delle indennità che si aggirano fra i due e i tremila euro proprio perché hanno maggiori incombenze. Infine c’è l’assenza di meritocrazia, che porta a degli scatti continui e biennali, che sono senza limiti e che continuano indipendentemente dall’età lavorativa e fino alla pensione».

[ad]Poi c’è il capitolo che riguarda stipendi e pensioni. A fronte di un bilancio complessivo che supera di poco il miliardo di euro, a Montecitorio il loro costo totale rappresenta circa i due terzi, 784 milioni. È come immaginare una figura con una testa enorme e il corpo piccolo…

«Mi sembra una metafora corretta. Ricordo che la Camera è tenuta, visti i tagli approvati nella scorsa legislatura, a spendere 50 milioni di euro in meno ogni anno. Il problema è che si stanno cercando di operare dei tagli marginali. Manca una visione di insieme, circostanza per cui ci siamo lamentati. La presidente, Laura Boldrini, ha espresso da subito la volontà di ridurre i costi, per esempio tagliando le indennità. Però vede, a Montecitorio ci sono circostanze singolari. Sembrerà strano, ma manca un organigramma: si decide di tagliare le indennità ma poi non si sa a quante persone spettano. Ci siamo accorti che a livello dirigenziale tutti le percepiscono. Il punto, diciamo noi, non è tagliare ma riorganizzare le funzioni interne, visto che tutti sembrano essere responsabili di tutto. È il metodo che non va bene. La nostra paura è che questi siano dei tagli-spot, utili ad accontentare un popolo che ha urgenza di vedere dei risultati i quali, però, non essendo strutturali, non risolveranno il problema».

Lei e i suoi colleghi avete parlato di «un muro di gomma» eretto per evitare che acquisiste le informazioni che avete poi reso note. Eppure in campagna elettorale la trasparenza è stato uno dei cavalli di battaglia di tutte le forze politiche…

«Questo è, tendenzialmente, il modo di operare delle caste. Esse hanno bisogno di circondarsi di altre persone con privilegi per tutelarsi a loro volta. La nostra paura è che la difficoltà ad applicare la trasparenza a Montecitorio dipenda dalla volontà di nascondere sacche di clientelismo ed inefficienza. Non abbiamo ancora avuto modo di vedere nomi e cognomi dei dipendenti, ma sappiamo – ad esempio – che c’è qualcuno che di cognome fa “Letta”. Ci auguriamo di non trovare rapporti familiari non giustificabili agli occhi dei cittadini».

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Stupisce anche il fatto che riguardo la proposta di pubblicare curricula e retribuzioni dei dipendenti le opposizioni siano arrivate da Pd e Sel ma non da Pdl e Scelta Civica. Perché, secondo lei?

«È una circostanza che mi ha colpito molto. Nell’ufficio di presidenza Gregorio Fontana, questore del Pdl, ha affermato che alla luce delle norme anticorruzione vigenti tutte le pubbliche amministrazioni devono pubblicare curriculum vitae e retribuzioni dei dirigenti. Il Parlamento, ha aggiunto Fontana, dovrebbe essere l’organo più trasparente proprio perché legifera ed impone agli altri di seguire determinati precetti. I successivi interventi di esponenti di Pd e Sel hanno negato questa esigenza. Ricordo a tal proposito che Marina Sereni, deputata e vicepresidente del Pd, è a capo del Cap, organo che si occupa della situazione retributiva del personale della Camera. Ciò che noi del M5S non capiamo è a che scopo si debbano nascondere certe cose quando – lo ribadisco – è la Camera stessa a imporre esternamente il rispetto di norme in materia di trasparenza».

Nel capitolo “sprechi” ci sono i 9 milioni per la stampa di atti parlamentari più le erogazioni ad altri enti e, addirittura, un rimborso di 2.500 euro a deputato per l’acquisto di materiali informatici. Visto il delicato momento che il Paese sta attraversando, si tratta di cifre singolari…

[ad]«L’ultimo dato che ha citato riguarda quella serie di indennità di cui un deputato gode senza obbligo di rendicontazione. Noi del M5S siamo stati presi in giro perché conservavamo gli scontrini. In realtà, per anni, queste cifre forfettarie sono state uno strumento utile per incassare dei soldi in più. Fin dall’inizio il Movimento ha cercato di portare avanti una politica coerente, vista anche la situazione in cui versa il Paese. Prima di chiedere dei sacrifici agli altri bisogna dare il buon esempio e fare in modo che i privilegi vengano abbattuti».

E poi, particolare curioso, ci sono dipendenti della Camera che sono distaccati presso altre amministrazioni ma che continuano a percepire lauti stipendi. Com’è possibile?

«Questo è un problema non solo interno alla Camera ma tutto italiano, legato molto spesso a clientelismo e connivenze. È un sistema difficile da scardinare. Ciò succede anche per il segretario generale del Quirinale che se non sbaglio – e ribadisco il “se non sbaglio” perché la mancanza di trasparenza obbliga a mettersi sulla difensiva, non avendo documenti ufficiali in mano – percepisce sia la pensione da ex dipendente della Camera che la retribuzione per l’incarico che attualmente ricopre…».

Dopo aver passato al setaccio tutte le cifre, le chiedo cosa propone il M5S per invertire la rotta…

«Primo: taglio dello stipendio dei parlamentari. Secondo: abbiamo chiesto di avere le carte sulla struttura interna della Camera per poter fare un’analisi dei tagli necessari. Terzo: abbiamo chiesto di introdurre a Montecitorio una normativa che preveda un tetto massimo per le retribuzioni, che è poi quello del primo presidente della Corte di Cassazione (320mila euro, ndr) e che oggi viene ampiamente doppiato da alcune figure. Quarto: gli scatti non devono essere automatici ma in base al merito e su ruoli reali di responsabilità. Quinto: abbiamo chiesto la ridefinizione dei giorni di ferie, superiori a quelli a disposizione degli altri dipendenti pubblici. Infine: abbiamo chiesto la temporaneità degli incarichi apicali. In un sistema come il nostro i ruoli amministrativi devono rimanere super partes».

Dalle informazioni a sua disposizione, sa se la stessa indagine verrà compiuta anche dai colleghi del Senato?

«Sì, l’iniziativa sarà replicata anche a Palazzo Madama. Il nostro questore, Laura Bottici, sta portando avanti il nostro stesso lavoro. In più, il suo ruolo le permette di accedere ad altri dati. Non le nascondo che il nostro atteggiamento sta creando una certa ostilità nei nostri confronti da parte dei dipendenti. Era immaginabile, ce ne faremo una ragione».

Vi fermerete solo al Parlamento?

«Assolutamente no. Stiamo indagando anche sugli altri organi istituzionali, come la presidenza della Repubblica e quella del Consiglio. Più i vari ministeri. È una battaglia che avevamo promesso e che reputiamo necessaria perché prima di chiedere altri sacrifici al lavoratore medio dobbiamo esigerli da coloro che da anni godono di certi privilegi».

Giorgio Velardi