Gli amici e i nemici del manifesto di Confindustria

confindustria

Dopo anni di appelli, frasi fatte, lamentazioni reiterate per l’ignavia del governo nel prendere provvedimenti utili alla crescita, ma senza l’esplicazione di ricette, Confindustra, guidata da Emma Marcegaglia, ha reso pubblici cinque punti qualificanti su cui si dovrebbe basare il rilancio dell’economia oltre che il rafforzamento dei conti.
Vediamo di cosa si tratta e come i partiti si pongono nei loro confronti. Da notare è che ancore una volta le reazioni pertinenti ai contenuti del manifesto di Confindustria hanno latitato e media e partiti hanno preferito ripetersi in commenti politicisti sull’ “abbandono del governo da parte di Confindustria” o sulle presunte velleità politiche della Marcegaglia, cosa che del resto si era ripetuta alla rivelazione della lettera inviata da Trichet e Draghi al governo italiano ad agosto.

SEL PD UDC LEGA PDL
Spesa pubblica e pensioni NO NO a altri tagli a enti locali e sanità, SI minoritario a riforme pensioni SI NO a altri  tagli alle pensioni e enti locali SI, con resistenze sui costi della politica
Riforma fiscale NO  a riduzioni fiscali SI a limite a 500€ per contanti e vera patrimoniale SI SI SI in generale, ma NO a limite a 500€ per contanti e patrimoniale SI in generale, ma NO a limite a 500€ per contanti e patrimoniale
Cessione patrimonio pubblico NO NO SI SI SI
Liberalizzazioni e semplificazioni NO SI con dubbi su articolo 41 e eccessive deregolamentazioni SI NO a vere liberalizzazioni, SI a semplificazioni, NO a centralizzazione competenze locali NO a vere liberalizzazioni, SI a semplificazioni e riforma articolo 41
Infrastrutture ed energia NO a TAV e decisioni dall’alto, SI a energie pulite SI soprattutto a investimenti in tecnologie pulite, per un maggior “dialogo” con enti locali su infrastrutture SI SI tranne che a revisione titolo V SI, ma settori dubbiosi su incentivi ambientali

[ad]In realtà queste posizioni vedono diverse varianti all’interno degli stessi partiti, per esempio nel PD le reazioni sono state da positive, nel caso di Letta e Bersani, a critiche e dure, come nel caso di Fassina e dell’Unità, del resto si tratta di un partito in perenne oscillazione tra CGIL e Financial Times, cosa che già si era vista in modo imbarazzante di fronte alle vicende di Marchionne e Pomigliano.
Nel PDL vi è un’ala in fibrillazione più liberista che va da Martino, con un piede fuori dal partito, a Galan e chiede più coraggio, più interventismo legislativo per lo sviluppo, in linea con Confindustria, per nuove leggi liberalizzatrici e sgravi fiscali, in questo opponendosi alla prudenza di Tremonti ma anche al partito degli avvocati e dei notai che non vogliono alcun cambiamento e per ora hanno prevalso. Nella stessa Lega, che ha trovato come punto unificante il NO all’abolizione delle pensioni di anzianità, ergendolo a simbolo riconoscibile della propria linea, ci sono stati quelli come Tosi che si sono detti non contrari ad una patrimoniale.

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[ad]Anche per questi contrasti interni e mancanza di chiarezza di idee non vi sono stati molti commenti alle parole della Marcegaglia, certo non diretti ai contenuti concreti della sua proposta.
Le uniche forze che sembrano approvare in toto e senza imbarazzi le ricette della Marcegaglia sono quelle del Terzo Polo, non a caso nei soliti salotti da tempo immemore si parla della discesa in campo di Montezemolo proprio con UDC e FLI. L’adesione sembra sincera, non tanto motivata dalla mancanza di responsabilità reali di governo, rimane il dubbio su come larghi settori dell’UDC, ora più meridionalizzata di prima, specie a livello locale, sopporterebbero tagli o perdite di potere con le privatizzazioni.