Caso Abu Omar: Italia beffata da Panama e Usa
L’ex capocentro Cia a Milano Robert Seldon Lady, condannato per il rapimento di Abu Omar e ricercato dall’Italia, ha lasciato Panama e sta tornando negli Stati Uniti. Lo conferma il Dipartimento di Stato. “In base alle nostre informazioni, è in viaggio o è arrivato negli Stati Uniti“, ha detto Marie Harf, una portavoce del Dipartimento di Stato nella tarda serata di venerdì 19 luglio.
Seldon Lady è stato arrestato mercoledì scorso dalla polizia panamense in compagnia di una donna di nazionalità colombiana, alla frontiera con il Costa Rica e consegnato all’Interpol. L’uomo, è stato poi riconsegnato agli americani perché Panama non ha un trattato di estradizione con l’Italia e perché la documentazione inviata dalle autorità italiane era “insufficiente”. Il Ministro della Sicurezza Pubblica panamense, Jose Mulino, ha affermato che l’uomo è stato detenuto presso le autorità panamensi per 48 ore, prima di essere estradato, ma la richiesta di estradizione da parte dell’Italia non è stata formulate formalmente, nei tempi previsti, così lo si è dovuto rilasciare.
[ad]Dal Ministero della Giustizia italiano fanno sapere, invece, che la richiesta di fermo provvisorio per Robert Lady da parte del ministero della Giustizia è stata “inoltrata tempestivamente” alle autorità panamensi non appena si è appreso della cattura e “non è pervenuta alcuna richiesta di supplemento di informazioni“.
“Sono profondamente rammaricata per l’epilogo della vicenda dell’ex capocentro della Cia Robert Seldon Lady“, ha affermato il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri aggiungendo che “la nostra domanda è stata disattesa senza plausibili spiegazioni“.
Lady era uno dei 23 funzionari statunitensi, molti dei quali appartenenti alla CIA, condannati per la “extraordinary rendition”, il programma anti-terrorismo degli USA, dell’imam di Milano, Abu Omar, portato via illegalmente dal capoluogo lombardo nel febbraio del 2003 e trasferito in Egitto, dove fu sottoposto a torture. La Cassazione, con sentenza del 19 settembre 2012 aveva condannato Lady a nove anni e l’Italia aveva gia’ annunciato l’avvio della procedura per l’estradizione. In quell’occasione, la Cassazione condannò per favoreggiamento anche due ex funzionari del Sismi, e rinviò ad un altro processo in Corte d’appello gli ex vertici del Servizio segreto militare Nicolò Pollari e Marco Mancini, poi condannati a 10 e 9 anni di reclusione, mentre altri tre 007 italiani sono stati condannati a sei anni. Nell’aprile di quest’anno, il Presidente Napolitano, su richiesta di Obama, aveva concesso la grazia al colonnello Joseph Romano, anch’esso condannato nel caso Abu Omar.
L’ estradizione di Lady verso gli USA è stata seguito sin dall’inizio dal Washington Post, secondo il quale la sua liberazione ha chiuso rapidamente un possibile “dramma diplomatico” fra il paese latinoamericano e gli Stati Uniti. Non va sottovalutato, infatti, il peso dei secolari rapporti di amicizia che intercorrono tra Panama e gli USA.
“Le autorità statunitensi si opporranno in tutti i modi all’estradizione di Robert Seldon Lady e faranno pressioni in tutti i sensi affinché ciò non avvenga. Sono sicuro“. Queste le parole di Ferdinando Pomarici, l’allora procuratore aggiunto di Milano che, con Armando Spataro, coordinò le indagini sul rapimento di Abu Omar. “Al di là dell’atto formale – ha osservato – sappiamo che c’é tutto un lavoro che viene effettuato a livello internazionale con maggiore e minore forza per ottenere l’esecuzione del provvedimento”. L’atteggiamento tenuto dai vari esecutivi in questi dieci anni dallo scoppio del caso Abu Omar non è stato dei più credibili:dall’apposizione del segreto di stato da parte della Presidenza del Consiglio fino al mancato invio delle richieste di arresto oltreoceano per i vari agenti Cia imputati per il rapimento dell’ex imam. “Con questi precedenti – ha proseguito Pomarici, sottolineando di non voler entrare nelle valutazioni di tipo politico – mi stupirebbe che all’improvviso venisse modificato l’atteggiamento tenuto finora“. Atteggiamento, quello dello Stato italiano “come istituzione”, che a dire del magistrato milanese, “non è stato di rigore nei confronti di questo fatto-reato. Il rigore c’è stato – ha concluso – solo da parte dell’autorità giudiziaria“.
Annalisa Boccalon