La Corte Costituzionale dà ragione alla Fiom: “Fiat ha violato la libertà sindacale”. L’art. 19 dello Statuto dei lavoratori è incostituzionale.
“Consentendo la rappresentanza sindacale ai soli firmatari del contratto applicato in azienda, l’art.19 dello statuto dei lavoratori contrasta con i valori del pluralismo e libertà di azione dell’ organizzazione sindacale”. Questo il passaggio saliente con il quale la Corte costituzionale dichiara costituzionalmente illegittimo il comma 1 dell’art. 19 Statuto dei lavoratori, in quanto incompatibile con l’art. 39 della Costituzione, quello che, appunto, disciplina le organizzazioni sindacali.
[ad]“Se si consentisse la costituzione delle Rsa solo nei limiti fissati dallo statuto ora censurato”, spiegano i giudici, “i sindacati sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non già del rapporto con i lavoratori, bensì del rapporto con l’azienda”. “Il dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa” finirebbe quindi col pesare sulle relazioni sindacali e sulla capacità di rappresentanza delle organizzazioni dei lavoratori. Ed è proprio qui che sta la contraddizione rispetto al mandato di un sindacato e rispetto all’art 39.
Il modello disegnato dall’art. 19, infatti, condiziona il beneficio della costituzioni di un Rsa “esclusivamente a un atteggiamento consonante con l’impresa o che ne presupponga l’assenso” . L’effetto sarebbe “una forma impropria di sanzione del dissenso” che andrebbe a condizionare la libertà del sindacato “in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati”, con l’implicito rischio, avverte la Corte, “di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum”.
La sentenza, depositata oggi, è del 3 luglio scorso e dirime la questione sollevata e rimessa dai giudici dei tribunali di Torino, Modena e Vercelli, a seguito dei ricorsi presentati dai metalmeccanici della Fiom-Cgil, esclusi dalle Rsa per non aver firmato il contratto specifico della Fiat, che richiama l’articolo 19 della legge 300 del 1970. La Fiom aveva sollevato il contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, ossia sulla lesione del principio solidaristico, la violazione del principio di uguaglianza e del principio di libertà sindacale.
La risposta del Lingotto alla sentenza non si è fatta attendere, facendo trapelare anche un possibile cambio di strategia da parte dell’azienda : “Fiat si riserva di valutare se e in che misura il nuovo criterio di rappresentatività, nell’interpretazione che ne daranno i giudici di merito, potrà modificare l’attuale assetto delle proprie relazioni sindacali e, in prospettiva, le sue strategie industriali in Italia. Certamente è necessario che, come anche la Corte suggerisce, il legislatore affronti rapidamente il generale problema della rappresentanza sindacale garantendo la certezza del diritto e l’uniformità dell’interpretazione normativa. L’Azienda sottolinea comunque che l’interpretazione della norma finora seguita è stata riconosciuta non solo come corretta ma come l’unica possibile. La Corte, ritenendo infatti che l’articolo 19 non consentiva l’applicazione di criteri estranei alla sua formulazione letterale, ha dimostrato l’infondatezza di tutte le accuse, a cominciare da quella infamante di violazione della Costituzione, che sono state rivolte da più parti alla Fiat, la quale ha soltanto applicato la legge”.
In mattinata, a margine di un’iniziativa delle Acli, è arrivata anche un commento del segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che sottolinea come “Fiat abbia investito fino ad ora e continui ad investire e quindi non ha motivo di dire ogni volta ‘me ne vado’”. Bonanni poi pone l’attenzione anche sui diversi orientamenti che la Corte Costituzionale ha seguito in questi anni: “La consulta ha cambiato opinione almeno 3 volte in 10 anni”, aggiungendo che “l’accordo interconfederale sulla rappresentanza deve essere il riferimento”.