Quella giustizia che non difende le donne
“Il segreto della giustizia sta in una sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore”. Lo diceva ormai quasi 80 anni fa il grande giurista e scrittore Piero Calamandrei. Parole che stridono se associate alla decisione della Corte Costituzionale di evitare la custodia cautelare in carcere a chi si macchia di uno dei reati più indegni: quello di violenza sessuale, in particolare, di gruppo, anche se in presenza di “gravi indizi di colpevolezza”. Una scelta che rischia di ridimensionare la colpa di chi stupra magari condannandolo, si fa per dire, a svolgere lavori di utilità sociale. Si tratta di un pericoloso passo indietro soprattutto nella difesa delle donne, vere vittime di questa sentenza.
[ad]Donne che spesso, oltre a subire violenza, vengono uccise dai propri compagni, mariti o ex fidanzati. Con una media da bollettino di guerra. Una donna ammazzata ogni due giorni (81 solo nei primi 6 mesi del 2013). E la giustizia cosa fa per difenderle ? Assolutamente niente. Anzi partorisce sentenze come quella della Corte di Cassazione del 2012 che accolse il ricorso di due imputati per lo stupro subìto da una minorenne a Cassino. In quel caso la Cassazione ribaltò la decisione del Tribunale di Roma che aveva confermato il carcere nell’agosto 2011. I giudici hanno forse perso quell’umanità citata da Calamandrei?