La Sicilia, il PD e Crocetta il governatore solitario
Il governatore siciliano Rosario Crocetta deve scegliere: o sta nel PD o si dedica alla sua creatura, Il Megafono. A stabilirlo è stata la Commissione Nazionale di Garanzia del Partito Democratico: lo statuto del PD non consente agli iscritti o agli eletti nelle liste del PD di aderire a gruppi politici diversi dal Partito Democratico stesso nelle assemblee elettive. Iscritti ed eletti non possono poi sottrarsi al dovuto versamento al partito dei contributi, come previsto dallo Statuto e dal Regolamento Finanziario. Soprattutto, le iniziative elettorali nate a sostegno del partito e finalizzate a rafforzare il suo successo elettorale non possono trasformarsi in organizzazioni di iscritti con strutture parallele, articolate e radicate sul territorio in modo permanente.
[ad]In altre parole, quelle che nascono come liste elettorali non possono trasformarsi in movimenti o partiti strutturati. Abbastanza ovvio, d’altronde. È la naturale conclusione della parabola di Crocetta all’interno del PD. Il Megafono nasce come listino del presidente alle scorse regionali, ma si trasforma in un movimento vero e proprio in breve tempo, presentandosi al Senato in Sicilia alle politiche di febbraio e poi in tutte le competizioni amministrative dell’isola tra maggio e giugno. Ha aperto i suoi circoli comunali e i suoi coordinamenti territoriali. Si sta strutturando sul territorio come un partito, e ha iniziato a raccogliere adesioni anche nel resto d’Italia. È ovvio che il PD cerchi quantomeno la chiarezza, nella distinzione con un soggetto ormai di fatto esterno e, tra l’altro, potenzialmente concorrente nell’area del centrosinistra.
L’iniziativa di Rosario Crocetta rappresenta d’altro canto un capolavoro politico, sia sul piano governativo sia da una prospettiva strategica più ampia. La fondazione di un movimento autonomo dal PD e posto sotto lo stretto controllo del Presidente serve innanzitutto a garantirgli più forza nell’azione di governo. Il gruppo eletto al parlamento siciliano in ottobre costituisce un fortino fedele al governatore, il cui valore va oltre i cinque deputati che lo compongono. Crocetta si garantisce una libertà di azione rispetto al PD e una visibilità autonoma grazie a un movimento che fa capo direttamente a lui. E, dal punto di vista strategico, questa visibilità è fondamentale perché la sua esperienza di governo in Sicilia produca i suoi frutti, duri e possa eventualmente ripetersi in futuro.
La Sicilia, infatti, non è mai stata una terra favorevole alla sinistra. L’ideologia, i simboli e le battaglie della sinistra nazionale raramente hanno attecchito nel sentire comune degli isolani. Si può dire che l’area culturale del centrosinistra in Sicilia sia decisamente minoritaria. Crocetta stesso è stato eletto presidente con il 30,5% dei voti, in una tornata in cui l’astensionismo ha superato il 50%. L’ha votato circa un elettore siciliano su sette. Crocetta ha vinto perché le circostanze sono state particolari: il centrodestra si è presentato diviso, come spesso avviene quando si sente troppo sicuro di vincere, e il Movimento 5 Stelle ha ottenuto un successo assolutamente imprevisto, abbassando di fatto il “quorum” per la vittoria. Ma basta guardare i risultati dei partiti per rendersi conto di quanto il centrosinistra resti in minoranza nell’isola: il centrodestra ha preso alla regionali quasi il 45% dei voti, mentre il centrosinistra (anche allargato a SEL, IdV e Federazione della Sinistra) si ferma al 37%.
La vittoria di Crocetta è stata dunque in un certo senso “fortuita”. È quindi fondamentale, per lui e per il centrosinistra siciliano, approfittare dell’esperienza di governo per rovesciare gli equilibri di forza in Sicilia. Il movimento del governatore può servire a questo: un nuovo brand politico che accompagna un PD piuttosto fiacco nell’isola. Un tentativo di “sdoganare” il centrosinistra in una terra che delle radici socialiste o comuniste non ne ha mai voluto sapere più di tanto.
Tutta l’azione politica di Crocetta è finalizzata a questo. La sua “rivoluzione” vuole dire agli elettori siciliani: “Siete stanchi del clientelismo, del malaffare e della collusione con la criminalità? Vedete: io sono diverso”. A prescindere dalle appartenenze.
Per questo il governatore si è intestato una battaglia epocale contro le “cattive abitudini” dell’amministrazione regionale, con gesti emblematici come il licenziamento di 21 addetti stampa della presidenza o la rotazione forzata dei dirigenti regionali. Se Crocetta riuscirà a valorizzare l’immagine del sindaco antimafia costruita negli anni a Gela e a far passare il messaggio che lui, in prima persona, sta davvero cambiando le cose la Sicilia potrà premiarlo anche in futuro.
Che tutto questo non avvenga dentro il Partito Democratico, in fin dei conti, è solo un dettaglio.
Andrea Scavo