Maria Toorpakay Wazir: storia della ragazza pakistana “diventata” uomo per giocare a squash
Siamo in Pakistan. In una regione in cui alle donne è negata l’istruzione e ogni aspirazione ad emanciparsi, Maria Toorpakay Wazir fin da piccola si sente soffocata.
Al punto che – un po’ a cavallo tra leggenda e realtà – a soli quattro anni decide di dare fuoco ai suoi vestiti di bambina.
Il padre, trovatosi di fronte agli abiti inceneriti, si chiede se da quelle parti sia passato Gengis Kahn: da quel momento in poi il nome del temuto condottiero mongolo diventa in famiglia il soprannome della piccola monella.
Mentre nei Paesi occidentali agghindarsi e mostrare il proprio corpo è per le ragazze una piacevole vanità, in Pakistan Maria per praticare sport deve nascondere tutto, proprio tutto di sé.
La femminilità, in certi casi, può essere un lusso. A Maria non resta che diventare uomo per poter fare quello che solo agli uomini è permesso. Così prende ad indossare abiti maschili. Poi, con un taglio netto, i capelli spariscono. Maria a meno di dieci anni è pronta per il sollevamento pesi, primo sport che sceglie di praticare.
Ma il vero amore, si sa, a volte tarda ad arrivare. Così, a distanza di qualche anno, Maria scopre la sua vera passione, lo squash, dopo averci giocato una volta col fratello durante le vacanze. Immediatamente confessa al padre la sua vocazione e questi, senza batter ciglio, la iscrive in accademia col collaudato nome di Gengis Kahn.
Qui tutti la credono uomo e lei ha la possibilità di allenarsi e gareggiare coi maschietti. Tutto fila liscio fino a quando il direttore, per poterla iscrivere al campionato juniores, le chiede il certificato di nascita. Salta fuori la vera identità di Maria, ma il direttore non se la prende: le regala, anzi, una racchetta autografata dal campione canadese Jonathon Power.
Peccato si tratti dell’unica reazione positiva: tutto intorno è il principio della fine.
Così Maria è costretta ad allenarsi di notte in un capannone e in completo isolamento, mentre il padre cambia continuamente la targa della vecchia auto che usa per trasportarla.
Intanto Maria non demorde e per anni continua a scrivere alle scuole di squash sparse in giro per il mondo. Fino a quando, un bel giorno, arriva una risposta. Non una scuola qualunque, a risponderle è l’accademia di Jonathon Power, il giocatore che ha autografato la racchetta che le è stata regalata. Se l’universo doveva parlarle, questo era un segnale inequivocabile: Maria non ci pensa su due volte e fa le valigie per Toronto.
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Oggi Maria ha ventidue anni e vive a Toronto. È la prima giocatrice di squash pakistana e la cinquantaquattresima nel panorama mondiale. Con una storia così straordinaria alle spalle, non può dimenticare da dove proviene. Sogna, infatti, di poter tornare, un giorno, a casa per cambiare le idee, radicate e violente, che le hanno impedito di coltivare il suo sogno nel suo Paese.