Se sposti un posto a tavola … il gioco delle coppie è servito
E’ uscito in questi giorni in sala Se sposti un posto a tavola (Plan de table, Francia / Belgio 2012, commedia 84′). La regia è di Christelle Raynal, il cast comprende Louise Monot (Marie), Lannick Gautry (Eric), Tom Raynal (Paul), Audrey Lamy (Marjorie), Elsa Zylberstein (Catherine), Franck Dubosc (Pierre), Shirley Bousquet (Edith), Mathias Mlekuz (Arnaud) e Arié Elmaleh (David).
Come nel più tipico dei copioni, la lei di turno (in questo caso, Marie) convola a nozze non con l’uomo che ama (Eric) e che non le ha dato la sicurezza che cercava, bensì con Paul, che le offre una stabilità paragonabile al porto tranquillo di una città sonnacchiosa. Non stupisce più di tanto, quindi, che la novella sposa si conceda un’ultima parentesi di passione con il bel tenebroso ex. Peccato che lo faccia su uno dei tavoli all’interno della sala in cui, di lì a poco, avrà luogo il banchetto nuziale. A questo punto il caso ci mette lo zampino, e rimescola letteralmente le carte – anzi, i segnaposto – in tavola. Già, perché il tavolo in questione è destinato proprio a Eric, alla complessata sorella della sposa (Marjorie), al fotografo incompreso David, a Edith e Arnaud, coppia che tenta spasmodicamente di avere un figlio, e a Catherine e allo sfuggente marito Pierre. E stavolta, scambiando l’ordine degli addendi, i risultati saranno i più disparati. Tutti però nel solco del luogo comune e di una comicità alquanto opinabile, tra donne simili a mantidi religiose, uomini che si definiscono tronfiamente “il Beethoven del purchè respiri”, single più appiccicose della carta di caramelle, e scapoli che sembrano uomini che non devono chiedere mai, salvo poi rivelarsi zerbini a cui manca solo la scritta in fronte “benvenuti”.
Christelle Raynal è al primo film, ma ha già un’esperienza consolidata nel mondo della pubblicità, ed è da qui che probabilmente ha attinto idee e spunti che hanno reso visivamente molto accattivante la pellicola: basti pensare al montaggio veloce e al ricorso allo split screen.
Il film vorrebbe sviluppare il tema sempre aperto del ruolo giocato (o meno) dal caso nello sviluppo e negli intrecci delle nostre vite. Un argomento, questo, su cui si sono versati fiumi d’inchiostro, e girati quintali di cortometraggi e lungometraggi: a tutto ciò Se sposti un posto a tavola non aggiunge nulla e non sposta una virgola. La regista Christelle Raynal tenta di cavalcare l’onda delle storie all’insegna del “che cosa sarebbe successo se …?”, filone in cui occupa un posto importante il precedente Sliding doors, a cui la pellicola francese parrebbe richiamarsi. Con i risultati che chiunque vedrà il film potrà giudicare da sé.
Quel che è certo, però, è che la regista ha il merito di farci vedere e/o scoprire Mathias Mlekuz, che a una prima occhiata sembra una sorta di Colin Firth francese e il cui fascino sornione e solido, in barba a luoghi comuni e stereotipi, non ha niente da invidiare a taluni sedicenti bellocci tormentati (o tormentanti?). Francesca Garrisi