Avanzo, molto immodestamente, un suggerimento alle opposizioni (non riesco a parlare come D’Alema di un’unica «alleanza costituente» che vada da Fli a Vendola, il solo pensiero di vedere un governo simile insediarsi mi fa rabbrividire): per favore, non commentate più il Rubygate. Evitate i toni moralisti, le polemiche sul «corpo delle donne» o sulla presunta privacy del presidente del Consiglio, i commenti sul «regime» e il potenziale eversivo di Berlusconi, i panegirici infiniti nei talk show televisivi sul «tramonto del berlusconismo» (è dal 1994, che «tramonta»), le frecciatine sagaci sul «puttaniere di Hardcore», il «Re Merda» e tutto il frasario travagliesco che strappa, al massimo, una risatina amara o un commento sdegnato su Facebook.
Su questo chi voleva farsi un’idea, dopo la pubblicazione delle carte dell’inchiesta della procura di Milano, se l’è fatta. Chi voleva sapere, sa. E chi voleva condannare, ha emesso la sentenza. E poi, onestamente, il tutto si commenta da sé: non mi serve la prosa ingarbugliata di Rosy Bindi. La magistratura farà comunque il suo lavoro, anche senza le sue spiegazioni.
Perché avanzo questo consiglio? Perché di tutto questo all’elettore medio del Pdl, checché ne dicano i sondaggi (peraltro male interpretati) di Repubblica, non interessa un bel niente. E poi, per un altro motivo: il vero bluff del Cavaliere, l’ennesimo, sta per consumarsi sulle tasse, sull’economia, su ciò che davvero interessa al famigerato «Paese reale». Che è in ginocchio, e su questi temi è molto più sensibile rispetto all’ultima notte brava di Berlusconi.
Sarebbe dunque il caso di spendere il massimo delle forze per smascherare l’incredibile costruzione mediatico-politica che sta montando, grazie alla “geniale” intuizione di Giuliano Ferrara, dopo la lettera di Berlusconi al Corriere sul «piano bipartisan per la crescita». Qui c’è un pazzo che è convinto di poter far salire il Pil del 3-4% in cinque anni grazie a riforme vuote, raffazzonate in un intervallo di tempo compreso tra un giorno e una settimana, che vanno dal piano case al fisco, dalla modifica degli articoli 41 e 118 della Costituzione a un magico incastro con un federalismo alla giornata di cui non capiscono ormai più nulla nemmeno i proponenti. E che rischia di metterci, per l’ennesima volta, le mani in tasca.
Ecco, ci sarebbe un incredibile mostro chiamato, di nuovo, «rivoluzione liberale» daabbattere. Fatelo, per favore. Prima che il Cavaliere possa giocarsi questa carta, consunta ma finora vincente, in campagna elettorale. Ed evitando, se possibile, di parlare di «patrimoniale», grazie.