Sul versante politico la vicenda del federalismo municipale (ma non dite al Presidente della Corte Costituzionale De Siervo che l’ho chiamato così!) ha senz’altro qualcosa di paradossale. Ma risulta essere un atto dovuto sul fronte istituzionale.
Il governo ha giocato sull’ambiguità del voto presso la Commissione Bicamerale per il Federalismo che ha registrato un clamoroso pareggio (15-15). I pareri della commissione non sono vincolanti, ma di fatto il pareggio doveva sottintendere come minimo un passaggio delle carte sul federalismo nelle aule parlamentari.
Ciò non è avvenuto in quanto il governo ha considerato il pareggio nella bicameralina un “non parere”, mentre a norma di regolamento si tratta eccome di un parere, perdipiù contrario.
Questa bocciatura, non vista come tale dall’esecutivo, ha spinto Berlusconi ha convocare in fretta e furia, su stimolo della dirigenza leghista e di Bossi in primis, un consiglio dei ministri straordinario che ha bypassato la “bicameralina” e ha posto al Capo dello Stato il problema del federalismo municipale e di uno scorretto iter istituzionale.
Napolitano infatti si è rifiutato di firmare il decreto del cdm definendolo “irricevibile” oltre che scorretta la pratica che ha portato alla sua approvazione. Infatti il consiglio dei ministri è stato convocato senza avvertire il Presidente della Repubblica e senza fissare, come da prassi, alcun ordine del giorno. Tra l’altro, ribadisce Napolitano, il parere della Bicamerale è da intendersi come negativo. Si consiglia perciò un passaggio in Parlamento e uno spirito di condivisione maggiormente ampio. In quanto legge fondamentale per il futuro dell’entità statale e memori dei richiami ad evitare contrapposizioni dello stesso Capo dello Stato.
La vicenda ha qualcosa di veramente paradossale: in primo luogo infatti Napolitano proprio in questi giorni ha richiamato alla fine di un clima di contrapposizione per cercare riforme condivise. E tra l’altro, l’ultima volta che aveva emesso il suo severo quanto deciso monito, era stato proprio a Bergamo nel corso di una celebrazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia, in cui Napolitano ha ricordato come la condivisione sia fondamentale soprattutto in merito all’assetto federale dello stato!
All’invito di Napolitano era seguita subito dopo una nota da Palazzo Chigi che si dichiarava d’accordo col Presidente della Repubblica e addirittura rivendicava “errori da tutte le parti in causa”.
Il primo messaggio che traspare allora da questa vicenda è la solita ipocrisia berlusconiana che è capace di scordarsi, anche dopo pochi giorni, e sconfessare la sua stessa linea predicata e proposta alla stampa. Ma sappiamo che in politica la coerenza molto spesso è un accessorio inutile.
In secondo luogo emerge un problema di dilettantismo da parte del governo: ci si chiede infatti cosa può aver spinto l’esecutivo a compiere un gesto così ingenuo come la convocazione di un cdm senza preavviso e senza ordine del giorno. Ma soprattutto ci si chiede dove siano, nel decreto sul federalismo municipale, i requisiti di urgenza necessari per ogni decreto legge.
In questo caso la realtà è che Berlusconi e Bossi hanno confuso l’urgenza della contingenza istituzionale e nazionale con quella della loro vicenda politica: l’unica urgenza che emerge è quella della Lega Nord che per settimane ha sbandierato lo slogan “o federalismo o voto”.
Infine sul piano istituzionale l’ultimo quesito che ci si pone riguarda le cosiddette “colombe” della maggioranza: possibile che nessuno abbia fermato Berlusconi ricordandogli che con una procedura di questo tipo non si sarebbe andato da nessuna parte? Perché il solito Gianni Letta continua spudoratamente a mentire scaricandosi le proprie responsabilità e addirittura sostenendo di non essere stato messo al corrente della convocazione urgente del consiglio dei ministri (scatenando giustamente le ire leghiste)?
A questo tipo di quesiti si può rispondere con un constatazione politica: non è infatti da considerare ipotesi remota l’idea secondo cui il governo sapeva benissimo di andare incontro ad un niet da parte di Napolitano.
Infatti sappiamo bene che alla Camera dei Deputati i numeri per il governo sono quello che sono e molto spesso in vari settori del centrodestra emerge la voglia di resettare tutto e di andare ad elezioni con numero più veritieri e senza i “traditori” terzopolisti eletti nella maggioranza.
Quale motivo migliore per staccare la spina al governo e tornare alle elezioni, seppur da alleati, dopo questo smacco del federalismo fiscale?
La verità è che l’unica forza politica considerata col vento in poppa in caso d’elezioni, la Lega, a quanto pare invece le teme. In questo modo, con questo strambo iter legislativo, non avrà incassato il federalismo entro il 2 febbraio ma di fatto è riuscita ad allungare i tempi anche tramite una pura operazione di distrazione di massa. È come si fosse data una parvenza d’approvazione mentre, a causa dell’impeccabile condotta di Napolitano, la Lega semplicemente si è sbarazzata di un ultimatum che lei stessa aveva forse ingenuamente e prematuramente posto.
E così, tempeste giudiziarie a parte, la legislatura si avvia verso un prosieguo pseudo-naturale. Ma da ora sarà accompagnata dalla paura. Dalla paura di Lega e Pdl nei confronti delle elezioni anticipate.