Cosa succederà adesso? Ora che Silvio Berlusconi è condannato in via definitiva, che è diventato ufficialmente un pregiudicato, è davvero arrivata la fine dell’era berlusconiana? Se qualcuno davvero lo pensa, è bene che sappia che si sta illudendo.
Berlusconi non esce indebolito dalla sentenza del Palazzaccio, al contrario: è ancora politicamente fortissimo, e lui lo sa. Le prime avvisaglie di quello che ci aspetta si sono già avute ieri sera: nemmeno tre ore dopo la sentenza della Cassazione, il Cavaliere era già tornato alla carica con un duro videomessaggio che trasudava, oltre ad un comprensibile nervosismo, i primi sintomi di una futura e probabile vendetta politica.
La scelta del mezzo non è certo casuale: Berlusconi ha optato per lo strumento attraverso il quale ha costruito vent’anni di consenso e dominio politico-culturale sull’Italia, il medium in cui primeggia, in cui è imbattibile, in cui conosce pochi concorrenti veri; ha scelto di tornare alle origini, con un videomessaggio che sancisce l’inizio di una nuova campagna elettorale di lacrime e sangue, e che richiama a quello, ben più famoso, con cui vent’anni fa si presentò sulla scena politica italiana.
I cavalli di battaglia, dal “pericolo comunista” al “paese che amo”, alla “discesa in campo” sono i soliti, gli stessi che titillano ed entusiasmano il suo elettorato di riferimento, anche oggi pronto a giurare e gridare la sua innocenza.
Qualcosa è cambiato, però: gli ottimismi ed i sorrisi di quel lontano 1993 sono spariti, lasciando spazio ad un Berlusconi amareggiato, certo, ma anche incattivito, livido, un Berlusconi disperatamente e rabbiosamente abbracciato al suo ruolo di dominus della politica italiana.
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Il tragicomico annuncio del ritorno a Forza Italia è purtroppo l’ennesima dichiarazione di guerra del Caimano, diretta a tutti: certo alla magistratura, minacciata oggi più che mai di futuri possibili attacchi legislativi e nuove leggi vergogna ad personam che dovrebbero proteggerlo dagli altri sei processi in cui è ancora imputato.
Ma è diretta anche al Pd, che vede avvicinarsi paurosamente la fine delle larghe intese ed una nuova campagna elettorale dai toni durissimi e per la quale non è pronto; al clima di pacificazione e larghe intese voluto da Giorgio Napolitano, che infatti ieri non ha perso tempo per tentare di blindare e proteggere il governo Letta blandendo Berlusconi con la strana ed estemporanea promessa di una riforma della giustizia.
La verità è che nessuno sa cosa farà davvero Berlusconi, nessuno ne conosce la strategia politica a breve e lungo raggio; ma anche se condannato in via definitiva, non cambierà nulla.
Non cambierà niente per lui, visto che anche da pregiudicato, incandidabile e interdetto, continuerà a fare politica, come e più di prima. L’interdizione dai pubblici uffici cristallizzerà soltanto l’incredibile assenteismo di Berlusconi dall’Aula del Senato (quasi al 98%), e lo trasformerà, forse, in un Grillo di destra, un “sultano casalingo” che guiderà i propri eserciti, parlamentari e non: manterrà il proprio nome sul simbolo, nonostante l’incandidabilità, e il proprio ferreo controllo sul partito (che si chiami Pdl o Forza Italia poco importa).
Non cambierà niente per i suoi elettori, affetti da un’ignoranza civile e politica totale e da sempre convinti del dogma dell’innocenza assoluta del proprio leader, e che anzi lo voteranno ancor più convintamente dopo “l’ennesimo e ultimo attacco della magistratura politicizzata”.
Non cambierà niente per caporali e caporaletti del suo partito personale, disperatamente abbracciati alle poche speranze di sopravvivenza politica che gli vengono dal rimanere all’ombra del carisma personale del capo, e cui essere guidati da un evasore fiscale conclamato, nonostante i dubbi di Bersani in merito, proprio non dà problemi.
E non dovrebbe cambiare niente nemmeno per il Pd, che con Berlusconi è al governo insieme da un anno e mezzo, che era a conoscenza dei suoi guai giudiziari anche prima della fatidica giornata di ieri, e che vede con terrore la prospettiva di finire in un nuovo tritacarne elettorale, sbranato, più che da Grillo e Berlusconi, dai tanti personalismi interni che lo agitano.
Insomma, la verità è che, condanna o non condanna, interdizione o non interdizione, Berlusconi rimarrà ben saldo al centro della scena politica. A decidere le modalità con cui gestirà il proprio, inevitabile ed ennesimo ritorno, e se esserne l’interprete unico o passare il timone, anche solo apparentemente, a un nuovo delfino di provata fiducia, sarà solo e soltanto il pregiudicato Silvio Berlusconi.