Nikola e Ana: storie di (stra)ordinaria integrazione. Grazie ad A.G.E.O.P.
Vi racconto una storia di integrazione. Di bambini ammalati. E di una guerra fratricida. È la storia di Nikola, un bambino kosovaro. E di Ana, una bambina serba. Sono nomi di pura fantasia per una storia del tutto vera.
Nikola non era ancora nato quando i soldati serbi, durante la guerra dei Balcani, piombarono a casa dei suoi genitori. In nome della pulizia etnica, trascinarono la madre e i quattro fratelli fuori dalla loro abitazione. Fecero inginocchiare il padre in mezzo a loro e li fecero disporre a cerchio intorno a lui, affinché assistessero. Quindi fecero fuoco. Freddarono l’uomo colpendolo alla testa.
La madre di Nikola riuscì a malapena a svincolarsi dalla presa dei soldati (che la ferirono ad un braccio) e a precipitarsi in casa per sottrarre alle fiamme la figlia più piccola, che giaceva a letto, prima che questi appiccassero fuoco alla casa. L’intera famiglia venne deportata. Di lì a poco nacque Nikola.
Certe volte pare che la vita si accanisca contro chi ha già subito. A dieci anni Nikola scoprì di essere ammalato. Sarcoma osseo, una forma di cancro che colpisce i bambini. Lui e la madre arrivarono in Italia a bordo di un aereo militare. Il tumore gli aveva completamente mangiato una gamba ed era stato necessario amputarla. Ad accoglierli è stata A.G.E.O.P. (Associazione Genitori Ematologia Oncologia Pediatrica), organizzazione non lucrativa che da oltre trent’anni offre cura e assistenza ai bambini malati di tumore in degenza al Reparto di Oncoematologia Pediatrica “Lalla Seragnoli”, presso la Pediatria Pession del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna.
Nikola fu ospitato in una casa messa a disposizione da A.G.E.O.P., insieme ad altre famiglie e bambini che vivevano la sua stessa condizione. Faceva la spola tra ospedale e casa. Oltre al dramma della malattia, viveva anche quello dell’allontanamento dai propri fratelli e dello sradicamento dal Paese d’origine.
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