Zimbabwe il paese dei morti viventi
Zimbabwe: il paese dei morti viventi
Un copione atteso quello che sta andando in scena in Zimbabwe.
Il partito al potere dell’eterno presidente Robert Mugabe dice di avere vinto le elezioni; l’opposizione dell’eterno numero due Morgan Tsvangirai parla di brogli colossali; le associazioni della società civile, che hanno monitorato la consultazione, dicono che le elezioni non hanno alcuna legittimità dato che, secondo gli osservatori distribuiti in molti seggi, almeno un milione di persone nelle grandi città non hanno potuto votare perchè non hanno mai ricevuto (e non hanno potuto ritirare) i documenti adatti per essere accreditati nei seggi come aventi diritto al voto.
La manovra è chiarissima e la denuncia più che credibile. Robert Mugabe ha il suo bacino elettorale nelle campagne, sulle quali ha puntato tutto.
Il punto principale del suo programma è infatti quello super populista e pericoloso della confisca delle terre e delle aziende ai farmers bianchi e la distribuzione delle proprietà alla popolazione nera.
Con questo progetto (che Mugabe ha peraltro parzialmente applicato), lo Zimbabwe è precipitato in una crisi economica disastrosa, dalla quale non si è mai sollevato: malnutrizione di percentuali di bambini altissime, soprattutto nelle città, inflazione astronomica, blocco della produzione, caduta dell’occupazione e dei salari.
Nelle città, dove la popolazione è più scolarizzata e ha più contatti con l’esterno, il trucco di raccattare voti e consensi su un sogno, quello di diventare ricchi o agiati grazie alla consegna di terre e aziende confiscate ai bianchi, non funziona.
Nelle città l’opposizione a Mugabe è forte. Forse non si può manifestare pubblicamente per paura della repressione, ma nel segreto dell’urna si sarebbe certamente fatta sentire a danno dell’eterno presidente.
Ecco perchè la denuncia dell’opposizione è più che credibile. Naturalmente le accuse dell’opposizione e la spocchia del potere erano attese. Non è solo Mugabe, dietro di lui c’è un entourage marcio che si avvale di una mummia per continuare ad arricchirsi e per sparire nel momento in cui il giochetto del saccheggio impunito non sarà più possibile.
Il film che sta per essere proiettato sugli schermi è un film già visto nel 2008. Allora, dopo un braccio di ferro pericoloso che Mugabe aveva vinto, l’opposizione aveva accettato un compromesso di potere: Morgan Tsvangirai aveva accettato di diventare primo ministro fino alle prossime elezioni, cioè queste. Che almeno a questo film venga cambiato il finale: che Mugabe, 89 anni di cui 33 passati al potere e al suo sesto mandato presidenziale, e la sua cricca di gangster vengano lasciate sole, senza stampelle fornite dall’opposizione. Sole con la loro responsabilità.
A cura di Raffaele Masto e della rivista “Africa, missione e cultura”