L’eterno ritorno dell’Elefantino
Sabato, presso il Teatro Dal Verme di Milano, si è tenuta la manifestazione “anti-puritana e anti-giacobina” indetta da Giuliano Ferrara in sostegno del premier. Il titolo della kermesse era lo stuzzicante “In mutande ma vivi”. Un altro tassello di un lungo mosaico che ha visto l’attuale direttore de “Il Foglio” porsi come protagonista, volente o nolente, dell’agognato agone politico.
Possiamo infatti ben dire che colui che firma i suoi arguti editoriali con un elefantino, simbolo dei repubblicani statunitensi, ha visto nel corso degli ultimi 17 anni la sua persona battersi in differenti situazioni politiche. Battaglie che molto spesso tendevano a differenziarlo dalla massa (il noto “metodo Rotondi”), a marcare un tentativo di egemonia culturale a destra o semplicemente a farsi sentire e notare.
Effettivamente in queste ore la figura di Giuliano Ferrara sta assumendo una rilevanza notevole nella vicenda politica nostrana: nel periodo turbolento che sta vivendo il premier, in primis col Capo dello Stato – che ha ricordo come una continuazione degli scontri istituzionali e tra poteri può anche portare allo scioglimento del Parlamento – Ferrara si è infatti posto come ennesimo spin-doctor della politica berlusconiana dopo qualche anno in cui diversi erano i consiglieri e altri erano i consigli in auge a Palazzo Grazioli.
La teoria di Ferrara è abbastanza semplice e, udite udite, nemmeno troppo sbagliata: Ferrara infatti si fa promotore di un “ritorno alla politica” da parte del premier. Chiede un rilancio dell’agenda di governo che superi lo stallo legislativo di queste settimane per mettere al centro dell’azione politica il tema della crescita economica.
I propositi contenutistici elencati da Ferrara del resto sono stati, seppur in maniera semplicistica, enunciati e ricordati da Berlusconi stesso in uno dei suoi videomessaggi quando ha ricordato che l’obiettivo del governo doveva essere una crescita percentuale del Pil nettamente superiore a quella prevista dai morigerati bollettini di Bankitalia e un intervento sul rapporto tra deficit e Prodotto intero lordo.
Ma è anche sulla strategia politica che Ferrara sfodera i suoi consigli e in questo suo elogio del “ritorno alla politica” (un ritorno che già di per sé sarebbe emblematico dello stato delle cose in Italia, considerando che è riferito…ad un presidente del Consiglio!) l’Elefantino chiede a Berlusconi di uscire dal bunker per tornare appieno nel dibattito e nella dialettica politica e parlamentare.
È forse questa la considerazione più veritiera di Ferrara, anche se non immune da illusioni dovute e scarne rappresentazioni dell’immaginifico berlusconiano: Ferrara infatti ha dichiarato a Milano che “deve tornare il Berlusconi del ’94. Il Berlusconi libertario” (frase che merita senz’altro un’osservazione successivamente) ricordando che “Berlusconi non è Breznev”.
Ebbene quest’ultima constatazione è forse la rappresentazione maggiormente veritiera, e in piccolo ci abbiamo provato anche noi a fornirla, della politica berlusconiana: possiamo infatti ben dire che Berlusconi, insieme al compianto Giorgio Panto di “Progetto Nord-Est”, è il politico italiano più simile ai vari Breznev o ai vari Kim Il-Sung. Non solo perché nel 2012 Berlusconi festeggerà i suoi 18 anni alla guida del suo partito, raggiungendo il suo mito di sempre, Leonid Breznev appunto. Ma anche perché queste peculiari modalità comunicative, della telefonata, dei videomessaggi senza contradditorio e delle toccata e fuga in Parlamento rimembrano effettivamente quei leader dell’est Europa tanto spietati quanto alticci (non di statura) e, in taluni casi, cagionevoli di salute.
Questo non toglie ovviamente che l’analisi di Ferrara pecchi di romanticismo. Un romanticismo che non si addice ad un fiero combattente di una crociata anti-puritana.
Ci si chiede infatti perché ci si riferisca ad un fantomatico “ritorno alla politica”? C’è mai stata politica in questi due anni e mezzo, per essere indulgenti? E il Berlusconi libertario? Ci si riferisce solo all’economia? O il Berlusconi libertario è anche quello di Eluana Englaro?
Ma del resto l’Elefantino è un maestro nell’arte della provocazione. E perché no, del paradosso. Comunista per ragioni familiari, Ferrara forse ha nostalgia del Berlusconi del ’94 perché, all’interno di quell’esecutivo, egli stesso occupava una scrivania a Palazzo Chigi come Ministro dei Rapporti col Parlamento. Per la gioia di Roberto Benigni e delle sue innumerevoli gag.
L’azione politico-giornalistica dell’Elefantino proseguì all’insegna di vere e proprie crociate politiche: dal sostegno all’amministrazione Bush e all’esportazione forzosa della democrazia, passando per le prime file degli “atei devoti” che lo portarono, atto poco berlusconiano, a candidarsi da solo contro tutti al Senato con la lista anti-abortista, ricordata soprattutto per le uova e gli ortaggi ricevuti in numerose piazze italiane, tra le quali impossibile non citare Bologna.
Crociata per crociata Ferrara si districa abilmente nel complesso labirinto della politica italiana. Tra un Gianni Baget Bozzo, una crociata clericale e una difesa strenua delle “Arcore’s night”, emblema del libertarismo berlusconiano un po’ di in disuso.
Ma vi prego, continuate a farlo divertire. E non ditegli che anni fa, all’alba della Repubblica Italiana, qualche storico della musica consigliò come inno nazionale un brano di una nota opera lirica del catanese Vincenzo Bellini: “I Puritani”.