Mali: un voto contro il terrorismo
I maliani torneranno alle urne il prossimo undici di agosto per il ballottaggio presidenziale. A contendersi la vittoria due politici di lungo corso: Ibrahim Boubacar Keità, ex primo ministro, che ha ottenuto poco meno del 40 per cento dei consensi, e l’ex ministro delle finanze Soumala Cissè, con poco meno del venti.
Ma questo processo elettorale, che dovrebbe riportare ufficialmente il Mali sulla strada dell’unità territoriale e della democrazia dopo 18 mesi di crisi armata, ha una valenza importante più che per il risultato finale per il fatto che si è svolto. Si è votato, innanzi tutto nella calma, in secondo luogo non c’è stata la paralizzante paura di attentati da parte degli jihadisti cacciati dal nord, l’affluenza alle urne è stata, infatti, quasi del 52 per cento. Un dato storico in un paese dove alle elezioni partecipa, normalmente appena un terzo dei quasi sette milioni di aventi diritto.
L’affluenza è stata importante anche al nord e nelle tre città simbolo: Kidal, Timbouctou e Gao dove la consultazione si è svolta con grande partecipazione. Non era affatto scontato. In Mali ci sono ancora quasi tremila soldati francesi e la missione africana sta ultimando di dispiegarsi. La strada per la normalità è ancora lunga, ma il paese ha incominciato a percorrerla.
Ora c’è solo da sperare che ciò che è accaduto sia una buona lezione per il futuro e che induca questi nuovi politici ad affrontare i problemi che sono stati l’origine di ciò che è accaduto: innanzi tutto che si affronti l’isolamento (presunto o reale) del nord dove c’è bisogno scuole, ospedali e progetti di sviluppo al pari delle altre regioni del paese. L’arretramento del nord e delle popolazioni che lo abitano (prima di tutto i tuareg) è un ottimo pretesto per staccare idealmente e magari anche concretamente quell’immenso deserto che Al Qaeda aspira a fare diventare una sua immensa base logistica.
In secondo luogo che si allarghi la democrazia reale, che si valorizzi la società civile di un paese ricco di cultura e di potenzialità e che si faccia di questa politica anche un esempio per i paesi e le popolazioni della regione che, come il Mali, sono a rischio infiltrazioni terroristiche.
A cura di Raffaele Masto e della rivista “Africa, missione e cultura”