Il governo Letta sarà in grado di reggere all’impatto? Oppure tutto cadrà, aprendo a nuove elezioni o ad una nuova maggioranza, magari con Grillo?
Nel momento esatto in cui la Cassazione si è espressa circa il destino e la fedina penale di Berlusconi, la domanda che si aggirava molesta e silenziosa da settimane negli uffici e nelle stanze del Parlamento si è mostrata in tutta la sua vigoria, diventando realtà.
Ecco allora subito tornare alla mente le immagini di qualche mese fa, quelle prove tecniche di accordo tra Pd e Movimento 5 Stelle, culminato nel celebre duello in streaming tra Bersani e la coppia Crimi-Lombardi, naufragato in un nulla di fatto: “Mi sono sentito dire che mi sono fatto umiliare. Sbagliano: io rivendico quello streaming, l’ho fatto con la testa”, chiarì qualche settimana dopo l’ex leader dem, pur dovendo ammettere la sconfitta e il passo indietro.
In quelle settimane la completa stasi era il soggetto principale del panorama politico, devastato da un tripolarismo definito e, almeno in apparenza, immobile. L’accordo Pd-Pdl e il governo Letta, così come lo conosciamo noi oggi, erano poco più che congetture. Ora, a poco più di 4 mesi da quel corteggiamento cui i grillini si opposero con forza e a pochi giorni da una sentenza che rischia di strozzare il collo ad una maggioranza già poco solida, ecco che l’idea di un coinvolgimento dei 5stelle nel governo torna di moda. Negli ultimi giorni se n’è parlato, e non poco.
In quest’ottica vanno citate le parole di apertura di Giuseppe Civati (“Se si ammette la crisi, allora deve cambiare tutta l’impostazione; a questo punto sarebbe logico verificare al Senato se ci sono i numeri per una maggioranza diversa) e di Matteo Orfini (“In questa legislatura è difficile immaginare un governo di legislatura basato su un’ altra maggioranza. Ma già da settembre, quando si discuterà di legge elettorale va bene qualsiasi maggioranza e qualsiasi legge elettorale per cambiare il Porcellum”).
Al di fuori del Pd, poi, vanno considerati gli interventi di Nichi Vendola (“M5S esca dall’ibernazione, il futuro va costruito ora, non possono chiamarsi fuori”), e addirittura di Stefano Rodotà (“Il Pd verifichi anche se possono esistere maggioranze diverse. Auspicando la fine delle docce scozzesi del M5S”).
Nella stessa direzione va la mail, vera o presunta, che il capogruppo M5S alla Camera dei Deputati Riccardo Nuti avrebbe inviato ai propri colleghi di aula a poche ore dalla condanna di Berlusconi, dal titolo “Linee Guida Comunicazione – Processo/Sentenza Berlusconi”. Nel testo, per la prima volta, alcuni hanno voluto leggere anche di una possibile alleanza di transizione con il partito di Epifani e Letta in un governo a guida M5S: “Un governo su cinque punti: legge elettorale, reddito di cittadinanza, misure PMI, abolizione finanziamento pubblico ai partiti, legge conflitto interessi”.
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Fin qui, le ipotesi. Da qui, i niet. A stoppare sul nascere qualsiasi ipotesi di alleanza tra Pd e M5S, per primo, è proprio Nuti.
In un post sul proprio profilo Facebook smentisce la mail e il suo contenuto senza mezzi termini: “Viene scritto di una nostra apertura al PD ovviamente FALSA. Lo abbiamo detto più volte: il PD è il PDL e con il PD mai”.
Riprendendo l’adagio di Casaleggio, uscito allo scoperto con alcune interviste (“Un accordo col Pd? Uscirei dal movimento. Al governo dobbiamo andarci da soli col 51%”), ecco arrivare lo stop di Nicola Morra, capogruppo grillino al Senato: “Le nostre posizioni non sono cambiate. In caso di crisi continueremmo a chiedere un governo 5stelle, molto diverso, dunque, dall’attuale maggioranza che dovrebbe chiedere scusa agli elettori”.
Dello stesso avviso Alessandro Di Battista, deputato-cittadino, che su Facebook scrive: “Ogni giorno in più di governo è un disastro per l’Italia, noi siamo pronti a governare ma B. non stacca la spina e, udite udite, Letta ne è felice. Si sostengono ancora, come due carte napoletane in un castello fatto sulle tovaglie natalizie”.
Sul fronte opposto è Nico Stumpo, deputato Pd, a ristabilire ancor di più le distanze: ”Penso che con il M5S non sia strutturabile nessuna forma di governo o pseudo maggioranza. Altra cosa è che se si vada ad elezioni con un’altra legge elettorale. Si può pensare a un dialogo con il movimento di Grillo, prendendo in considerazione ogni singolo parlamentare”.
Ultima voce a mettere una croce su una bozza di collaborazione tra democratici e grillini è quella del capo. Dalle pagine del suo blog, Beppe Grillo chiude ad ogni possibile ‘altra maggioranza’. Ed è l’ennesima bordata: “Pdl e pdmenoelle pari sono. Non c’è alcuna possibilità per me di allearmi né con uno, né con l’altro, né di votargli la fiducia. Hanno la stessa identica responsabilità verso lo sfascio economico, sociale e morale del nostro Paese” recita la nota cui è allegato un link Youtube di uno sketch di Maurizio Crozza in cui il comico genovese imita contemporaneamente Bersani e Grillo, facendo duettare le due ‘macchiette’ sulle note di Che cosa c’è, celebre canzone di Gino Paoli.
“Qualche pennivendolo si aggira nei bar della Sardegna, in alcuni dove non sono neppure mai stato – conclude Grillo – per attribuirmi aperture al pdmenoelle. Siamo arrivati al giornalismo da bar. Le pressioni per un’alleanza del M5S con il pdmenoelle con articoli inventati di sana pianta durano dal giorno dopo le elezioni politiche. Vi prego di smetterla. Mai con il Pdl, mai con il Pdmenoelle“. Più chiaro di così.