Espulsioni revocate, tutti contenti. O quasi. Nella Lega Nord, infatti, non sembrano aver accolto con favore la scelta di Umberto Bossi di riammettere nel partito alcuni militanti prima espulsi, ritenendola una violazione del regolamento della forza politica.
Tutto è nato nel pomeriggio di ieri, quando l’Ansa ha battuto la notizia di una lettera inviata dallo stesso Bossi, in qualità di presidente federale della Lega, a Flavio Tremolada (ex assessore comunale a Lesmo) e Marco Desiderati (membro del consiglio federale del partito).
I due erano stati espulsi il 13 maggio dal comitato di disciplina della Lega, assieme ad altre dodici persone, in seguito alle contestazioni registrate all’ultimo raduno sul pratone di Pontida, il 7 aprile scorso, specie all’indirizzo dei dirigenti vicini al nuovo segretario federale Roberto Maroni, oltre che per alcuni commenti critici verso Maroni postati dai due su Facebook.
Tremolada e Desiderati, come altri militanti, all’espulsione avevano replicato con un ricorso, che proprio ieri Bossi avrebbe accolto.
«Il presidente federale della Lega Nord, richiamandosi all’articolo 14 dello Statuto e all’articolo 12 del vigente Regolamento – è scritto nella lettera inviata ai due – ha deliberato di accogliere il ricorso da lei presentato e di revocare il provvedimento di espulsione emanato nei suoi confronti dal Comitato Disciplinare e di Garanzia della Lega Nord. La delibera si intende immediatamente esecutiva. Saluti padani», prima della firma dello stesso Bossi.
Tutto bene? Non tanto, almeno secondo Roberto Calderoli, che due ore dopo detta alle agenzie che la procedura seguita da Bossi contrasterebbe con quanto previsto dal regolamento federale della Lega Nord.
«È curioso che, pur essendo stato presente fino a ieri in segretaria federale di via Bellerio, debba apprendere dalle agenzie di stampa notizie che dovrebbero invece essere competenza del nostro ufficio» dichiara Calderoli, che nel partito ricopre il ruolo di responsabile organizzativo federale. Riconosce a Bossi di potersi pronunciare, come presidente, sui ricorsi contro sanzioni che abbiano colpito militanti con oltre vent’anni di permanenza nel partito, ma «avrebbe dovuto comunicare il reintegro agli altri membri del comitato di disciplina e garanzia, non agli interessati».
Lungi dall’essere limitata ai due attori citati, la querelle tra Bossi e Calderoli si estende ad altri membri del partito. Giacomo Chiappori, sindaco leghista di Diano Marina ed ex parlamentare del Carroccio, chiede a Calderoli di dimettersi («Ma chi per permettersi di discutere una decisione legale e regolare di Umberto Bossi, lui che è stato ministro in nome e per conto di Bossi? Si dimetta da senatore e se ne vada dalla Lega, ricominci a fare il dentista, perché in politica non ha saputo fare nulla, nemmeno essere riconoscente»).
Per Matteo Salvini, segretario della Lega Lombarda, la decisione di Bossi invece è «ininfluente. Stiamo lavorando su cose più serie. Non ho tempo da perdere su questo, non mi interessa». Lo stesso Umberto Bossi, da ultimo, avrebbe messo in luce che le espulsioni revocate non sarebbero soltanto due: «Riguardano tutti quelli che me lo hanno chiesto. Le espulsioni fanno male alla Lega, fanno perdere voti e al prossimo congresso chiederò di eliminare la possibilità di eliminare la gente».