Renzi fischia l’inizio del congresso Pd
Chi, secondo Renzi, il voto non lo vuole proprio è Beppe Grillo, come pure i parlamentari che si rifanno a lui: “Grillo è il principale sponsor delle grandi intese. Lui le vuole, ha paura di far cambiare le cose. Chi ha più paura delle elezioni sono i deputati del MoVimento 5 Stelle”.
Non rinuncia a mettere in discussione i “numeri” del M5s (“Il compagno Bruno Tabacci, quello che ha preso meno voti alle nostre primarie, ha preso più voti di tutti i candidati eletti alle parlamentarie”) e invita il suo partito a giocare all’attacco (“Il Pd non deve vivere di fantasmi, Grillo è stata una delusione pazzesca”).
Adelante Pd, dunque, ma la nuova punzecchiatura è proprio per il segretario: “Dico a Epifani: non passiamo il tempo a occuparci di come cambiare le regole delle primarie, parliamo dell’Italia e dei suoi problemi“. Le regole ovviamente non spariscono dal discorso di Renzi (“Credo che non ci sia motivo per cambiarle, ma se vogliono le cambino e fissiamo questa benedetta data del congresso”), ma c’è la consapevolezza che la posta in gioco è un’altra, “tornare a dare speranza all’Italia”.
Come farlo? Renzi a Bosco Albergati scodella la sua ricetta, il suo pentalogo, fatto di cinque “E”: “Educazione, dagli asili nido all’università; energia, perché ai nostri imprenditori dovremo fare un monumento; equità, chiedere un contributo a chi ha le pensioni d’oro è un atto di giustizia; Europa, smettendo di vederla come il nostro grande problema; entusiasmo, perché il Pd sia orgoglioso e coraggioso”.
Il compitino non è facile da svolgere, ma secondo Renzi è possibile, purché lo si faccia tutti insieme: “Non è importante cosa faccio io, ma cosa facciamo noi. Qualcuno mi ha detto ‘mettiti in un angolino, poi alle elezioni ti candidiamo e prendiamo i voti’. Se facciamo questo giochino i voti non li prendiamo: io non posso fare la foglia di fico di questo meccanismo“.
Anche la politica nazionale, nel frattempo, avrebbe i suoi compiti da fare, come abolire il finanziamento pubblico ai partiti: per Renzi rinviarne la discussione parlamentare a settembre è stato “un clamoroso autogol. Nel 1993 gli italiani con referendum votarono per l’abolizione; io votai ‘no’, ma ora è il momento di fare questo passo”.
Quando il sindaco di Firenze finisce di parlare, sono passati 45 minuti d’orologio: ad ascoltarlo, molta più gente di quella che giorni fa aveva accolto il segretario democratico Epifani. Se la sua sarà una corsa verso le primarie per la segreteria del partito, oggi a Bosco Albergati si è assistito senz’altro alla partenza, con Renzi nel doppio ruolo di starter e di atleta: per l’esito della gara, tocca aspettare qualche mese.
Gabriele Maestri