La settimana scandinava tra elezioni vicine e lontane
La Norvegia è a tutti gli effetti in campagna elettorale: un mese separa il paese dalle elezioni del 9 settembre e nel corso di queste settimane il governo di centrosinistra cercherà di ribaltare i sondaggi negativi per centrare un terzo storico mandato consecutivo.
Anche in Svezia sembrano cominciate le grandi manovre in vista del voto del prossimo anno, mentre in Finlandia il premier Katainen smentisce le ipotesi di dimissioni circolate nelle scorse settimane.
A Oslo e dintorni è partita la campagna elettorale. E per i laburisti, considerati i numeri, sarà una campagna tutta in salita. Il quotidiano Dagens Nyheter infatti s’è messo a fare la media dei sondaggi degli ultimi mesi: i laburisti si fermano al 28 per cento, il partito della Destra è al 31,6. Tutto perduto? No, dice il premier Jens Stoltenberg, che ha annunciato la più grande campagna elettorale della storia del paese.
Il primo ministro e i vertici del partito presenzieranno a un migliaio di eventi da qui a inizio settembre. In campo ci sono oltre 13mila volontari. I laburisti sanno che oltre la metà degli elettori in Norvegia di solito decide per chi votare proprio nelle ultime settimane: è successo quattro anni fa, succederà probabilmente anche stavolta. Per questo il concetto è sempre lo stesso e si riassume nelle parole che Stoltenberg ha ripetuto anche negli ultimissimi giorni: vincere è difficile, ma non impossibile.
Facile pensare che la carta più forte che i laburisti metteranno sul tavolo sarà quella dell’economia. La Norvegia infatti sta bene nonostante piccoli scricchiolii dovuti alla crisi economica generale. La disoccupazione ad esempio a giugno è scesa al 3,4 per cento secondo il Centro Statistico Norvegese. I calcoli dell’ufficio del Lavoro relativi a luglio sono ancora più positivi: 2,8 per cento. Numeri diversi, mesi diversi e anche agenzie diverse ma la sostanza è la stessa: i senza lavoro in Norvegia restano pochi.
Dall’altra parte, nel blocco conservatore, si entra nel curvone finale con un mix di ottimismo e prudenza. Erna Solberg, leader del partito della Destra e probabile prossimo primo ministro, si mostra sicura e pacata: non c’è foto sui quotidiani norvegesi in cui non appaia serena e sorridente.
Solberg è tornata a promettere grandi investimenti nella scuola, ma il vero tema di questi giorni è un altro: la gestione del Fondo petrolifero. A fine luglio, il Partito del Progresso aveva annunciato la volontà di suddividerlo in tre o quattro fondi con settori di investimento precisi: un modo per ottenere più introiti e avere più risorse da far confluire nelle casse statali – il vero cuore del dibattito.
Ora anche Erna Solberg apre all’ipotesi di spacchettare il fondo. “Gli investimenti potrebbero essere troppo grandi per essere gestiti da un solo fondo” ha detto, “ si potrebbe dividerlo in più parti. Stiamo valutando se questa sia una buona idea”.
Grandi manovre si vedono anche in Svezia, nonostante le elezioni siano in programma solo l’anno prossimo. Il partito dei Moderati del premier Reinfeldt è infatti partito alla caccia dei voti nelle campagne del paese, tradizionale bacino elettorale del Partito di Centro. Non è cosa da poco: questa forza politica è da mesi nell’occhio del ciclone a causa dei pessimi sondaggi ed è bene ricordare che stiamo parlando di due soggetti politici che da sette anni governano insieme la Svezia.
Se è vero che gli sconfinamenti in terreno alleato non sono insoliti nel panorama politico svedese (lo stesso Partito di Centro negli ultimi mesi ha parlato spesso di scuola, argomento caro al Partito Liberale) è ancor più vero che stavolta la questione è particolarmente delicata. Per dirla con le parole del politologo Jonas Hinnfors, il rischio per il partito di Centro è quello di finire cannibalizzato.
“Abbiamo solo pensato a come sviluppare le nostre politiche” rispondono i Moderati, commentando le proposte per le aree rurali del paese. Resta però difficile non pensare ai possibili effetti collaterali: se dovesse andare in porto, l’operazione politica dei Moderati potrebbe tradursi nel colpo di grazia per il traballante Partito di Centro.
“Un grande partito di governo ha tutto il diritto di parlare di tanti argomenti” commenta sull’Expressen la politologa Marie Demker, “ma deve farlo con cautela. Il Partito di Centro sta disperatamente tentando di mantenere viva la propria identità rurale ed è importante che riesca ad entrare in Parlamento alle prossime elezioni”.
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