Piero Fassino: opportunità e rischi di una candidatura
Le elezioni primarie per scegliere il candidato sindaco del centrosinistra a Torino sono state un indubbio successo. E non solo perché, come spesso accade, il Termometro Politico ha perfettamente previsto, tramite i suoi exit poll, la vittoria dell’ex segretario nazionale dei Democratici di Sinistra.
Il primo successo della competizione sotto la Mole infatti è giunto ben prima della chiusura delle urne ed è rappresentato dall’alta affluenza che ha visto partecipare a queste primarie più elettori di quelle del Pd del 2009. Torino è infatti una città molto morigerata e dove negli ultimi dieci anni il centrosinistra è riuscito a costruire un modello d’amministrazione gradita e oggettivamente efficiente.
Quando alle ore 18 era già stata superata la soglia dei 40.000 votanti subito si è allontanato il rischio di una competizione flop, che al contrario ha stimolato l’interesse dei cittadini portando quasi 53.000 torinesi a votare per il proprio candidato sindaco.
A questo punto, sventato il rischio della scarsa partecipazione, ci si aspettava un esito netto e riconoscibile subito da tutti, in grado di sventare i rischi e qualche discussione in merito a qualche “signore delle preferenze” capace di condizionare la partita a favore o a sfavore di qualche candidato.
E così con la maggioranza assoluta dei voti (55,28%) Piero Fassino ha vinto le primarie diventando candidato del centrosinistra per il comune. Subito il suo principale sfidante Davide Gariglio, che ha ottenuto il 27,39 dei consensi, si è complimentato con Fassino invocando l’unità attorno alla sua candidatura. Buona performance dell’ex assessore al bilancio Passoni (12,42%), mentre seguono il civico Michele Curto col 4,15% e il radicale Silvio Viale con lo 0,76%.
Anche i leader nazionali si sono complimentati con il vincitore e con gli organizzatori per l’impeccabile esito della competizione, al riparo di qualsiasi critica sia a livello organizzativo (nessuno contesta l’esito del voto come a Napoli) sia dal punto di vista politico (il Pd non può dire di aver fatto una figuraccia come a Milano visto che i suoi due esponenti candidati alle primarie hanno ottenuto oltre l’80% dei voti).
Per evitare dunque le solite tiritere sui detrattori e sui sostenitori delle primarie, che comunque si dimostrano sempre più gradite almeno per l’elezione degli incarichi monocratici, non è male concentrarsi sul profilo della candidatura Piero Fassino per Torino e sui prossimi sviluppi politici della città.
L’eredità politica e amministrativa lasciata da Chiamparino è senz’altro un’eredità pesante (in positivo), ma anche una grande occasione per il centrosinistra. Bisogna infatti ricordare che “il Chiampa” nelle elezioni amministrative del 2006 ottenne il 66% diventando un vero e proprio recordman di quella tornata elettorale. Insomma, il centrosinistra ha i dati storici dalla sua parte.
Ma a livello politico possono esserci anche delle contingenze negative: il desiderio di cambiamento dopo 18 anni di giunte di centrosinistra da un lato e il fatto che ad una buona amministrazione non seguirà una giunta di formale continuità rappresentata magari da un esponente dell’attuale giunta dall’altro.
In questa situazione la stessa candidatura di Piero Fassino ha senz’altro grandi meriti: è un politico nazionale e ciò conferisce alla quarta città d’Italia un giusto peso e riconoscimento nazionale, anche a livello d’immagine. Fassino è considerato un politico molto abile ed esperto e la stessa critica secondo cui è un uomo che mai si è dedicato alla politica locale cozza con la sua vecchia esperienza da segretario torinese del Partito Comunista Italiano. Insomma: regge di più il ragionamento secondo cui “è da troppo tempo troppo lontano dalle dinamiche torinesi” (anche se spesso ha dato l’impressione di seguire con costanza le vicende amministrative della sua città…mi è capitato di vederlo elencare l’elenco degli assessori proprio nel salotto di “Porta a Porta”!).
Il lato negativo invece può risedere proprio nella sua lunga esperienza, che potrebbe essere considerata come “troppo lunga”. Effettivamente in questa fase non risultano destare molto simpatie le candidature di personaggi politici nazionali che, in certi casi, sembrano volersi ricollocare da qualche altra parte, magari in comune.
In questo senso il centrodestra dovrebbe giocarsi la carta di un candidato giovane, a differenza della strategia del 2006 quando candidò un oggettivamente impresentabile Rocco Buttiglione per superare un’impasse che aveva spinto, come a Roma, a giocare inizialmente con varie punte e con candidati dei vari partiti della coazione (per Forza Italia il candidato inizialmente era Guido Crosetto).
Da qui il nome che gira in casa Pdl, quello di Michele Coppola, under 40 attuale assessore alla cultura della Regione Piemonte.
Tutti aspetti da considerare e da non sottovalutare. Ma vi prego, niente paragoni con Roma: lo scenario secondo cui Fassino potrebbe perdere con Coppola come Rutelli perse contro Alemanno è risibile.
In primo luogo nel 2008 Veltroni si dimise per correre alle politiche in veste di capo della coalizione, mettendo fine in anticipo alla consiliatura. A Torino invece tutti i termini sono naturali.
A Roma Rutelli è sembrata “una minestra riscaldata”. Ma soprattutto in quanto ex sindaco che, seppur apprezzato, con la sua candidatura non proponeva nulla di nuovo alla città. In questo caso Fassino avrebbe solo “la colpa” di essere un affermato politico nazionale.
E infine il metodo di selezione: Fassino è stato votato da delle primarie. Primarie molto partecipate.
Dovrebbe bastare questo per distoglierci da astrusi paragoni tra le vicende politiche capitoline e quelle in atto sotto la Mole Antonelliana.