“Se potessi avere mille lire al mese…” è il noto refrain di una canzoncina di Gilberto Mazzi della fine degli anni ’30; Daniele Silvestri nel 2002 lo riaggiornò in “mille euro”, ma qualcuno forse non sarebbe disposto a scendere sotto i 91mila euro. E non si parla di stipendi, ma di pensioni.
Il dato è emerso dopo che, per rispondere a un’interrogazione della deputata Pdl Deborah Bergamini, il sottosegretario al Welfare Carlo Dell’Aringa ha snocciolato un po’ di numeri legati alle cosiddette “pensioni d’oro”: molti sono semplicemente da capogiro (non per i beneficiari, ovviamente).
La notizia non è davvero nuova, ma lascia l’amaro in bocca, specie dopo che si è saputo, non più tardi di cinque giorni fa, che i pensionati che non arrivano ai famosi mille euro sono quasi sette milioni e mezzo. Questi si vedono erogare dall’Inps una somma almeno cento volte inferiore rispetto al primo della lista.
Il top scorer, Mauro Sentinelli, colui che inventò le schede ricaricabili per Tim, riceve infatti l’astronomica somma di 91.337,18 euro mensili (3mila euro al giorno, spicciolo più, spicciolo meno). Cifre lorde, per carità, ma difficilmente Sentinelli se ne lamenterà, considerando anche i gettoni che riceve per la sua presenza nei consigli di amministrazione di Telecom e Enertel Servizi Srl (lo presiede).
Tra il primo e il secondo della lista (il cui nome non è noto) c’è un salto notevole, ma probabilmente il fortunato non sarà insoddisfatto dei suoi 66.436,88 euro mensili. Anche ad andare al decimo posto, non si scende sotto i 40mila euro, sempre mensili e sempre lordi, legati a nomi di ex manager di imprese, banche o società finanziarie (curiosità, quasi sicuramente tutti maschi, senza alcuna presenza femminile).
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Per la Bergamini, la colpa sarebbe del vecchio sistema retributivo, cancellato dalla riforma Dini nel 1995 ma solo per gli anni e le pensioni a venire. Chi ha maturato la pensione sotto il vecchio regime, l’ha conservata tale quale e ora la riceve dall’Inps.
“Il tema coinvolge una questione di equità e di coesione sociale non più trascurabile dalle istituzioni, specialmente in un momento di grave crisi economica e di pesanti sacrifici per tutti” nota la parlamentare del Pdl, che però si affretta a precisare che i beneficiari delle “pensioni d’oro” non vanno colpevolizzati, perché “le hanno maturate secondo le regole vigenti”.
Già, perché il problema sta proprio lì. Come si risolve, la questione di equità e coesione sociale, se non si possono toccare le pensioni decisamente ricche, ma già maturate? La faccenda è delicatissima, lo riconosce per primo il ministro Enrico Giovannini: la sua lunga permanenza alla guida dell’Istat certamente gli fa avere ben presente l’enorme divario tra le poche (ma sempre troppe) pensioni “d’oro” e la massa di pensioni talmente basse da essere indecorose. Sa anche, però, che i tentativi di agire anche sui vitalizi già maturati finora sono andati tutti male.
E’ stata la stessa Corte costituzionale, in un fascio di sentenze, a segnalare con chiarezza che i diritti acquisiti, pensioni maturate comprese, sono intangibili (un discorso analogo valeva pure per le “baby pensioni”). L’ultima sentenza in materia, depositata a giugno, ha cancellato il contributo di solidarietà per chi percepiva una pensione di oltre 90mila euro lordi perché discriminava i pensionati rispetto a tutti gli altri cittadini (lo stesso era capitato, a ottobre dell’anno scorso con la norma che imponeva un prelievo simile sugli stipendi dei dipendenti pubblici).
Quelle norme, dunque, erano scritte male: avessero riguardato tutti i cittadini (dipendenti pubblici, privati, liberi professionisti, pensionati), probabilmente la Consulta le avrebbe salvate. La Corte, infatti, ha riconosciuto nella sentenza dello scorso ottobre che “L’eccezionalità della situazione economica che lo Stato deve affrontare è suscettibile senza dubbio di consentire al legislatore anche il ricorso a strumenti eccezionali, nel difficile compito di contemperare il soddisfacimento degli interessi finanziari e di garantire i servizi e la protezione di cui tutti cittadini necessitano”. Sembra quasi un invito al ministro Giovannini: prelevi pure, ma non lasci fuori nessuno. Ce la farà il governo Letta?