Spesso il centrosinistra, o comunque il segmento progressista del Paese, viene accusato di non essere in grado di capitalizzare notevoli e importanti vittorie politiche. Un esempio di questa tesi ci è dato dalla manifestazione in difesa della Costituzione e delle scuola pubblica del 12 marzo che ha coinvolto numerose piazze in Italia, in Europa e nel mondo.
Probabilmente in quella piazza è maggioritaria la teoria secondo cui in molti non sono stati abili a sfruttare la vittoria politica del referendum costituzionale del giugno 2006 che registrò una buona partecipazione (e non c’è il vincolo del quorum nei referendum confermativi) e una netta vittoria del “No” che spazzò via quella riforma costituzionale del centrodestra ribattezzata forse un po’ troppo superficialmente “devolution”.
Il discorso è complesso, ma possiamo ben dire che questa tesi non ha tutti i torti, considerando che modifiche “forzose” della nostra carta costituzionale spesso sono ritornate in auge in questi anni, incuranti dell’evento campale rappresentato dalla giornata del 26 giugno 2006.
Il fatto è che una vicenda di questo tipo senz’altro si ritorce sul centrosinistra, ma rischia anche di creare danni notevoli nel centrodestra. Ne abbiamo una piccola prova in questi giorni, in cui si parla incessantemente di riforma della giustizia. Una riforma definita dal premier “epocale” e che tocca molti articoli della nostra carta costituzionale in merito all’autogoverno e all’organizzazione della magistratura. Questa riforma separa nettamente le carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante. Una separazione così netta che deve portare il futuro magistrato o pm a scegliere all’inizio della propria esperienza lavorativa, e in maniera definitiva, quale dei due ambiti scegliere.
Questa separazione porterà anche a due Csm separati, uno per i pm e uno per i giudici. Organi di autogoverno, che però non avranno competenze in merito agli atti disciplinari della magistratura (affidati ad un’apposita Alta Corte di nuova istituzione) e che vedranno mutare radicalmente la composizione interna: parità tra membri laici e membri togati (che verranno scelti a sorte) con l’obbligo, come ben ha fatto notare Eugenio Scalfari, di eleggere un vice-presidente dell’organo laico e non togato. Insomma, una parità fittizia che nasconde una prevalenza dei membri laici (di provenienza politica). E già è un piccolo risultato, se si considera che inizialmente a presiedere uno dei due organismi doveva essere il procuratore capo della Corte di Cassazione, mentre con i testi attuali a presiedere entrambi i Csm sarà sempre il Capo dello Stato.
L’Alta Corte come detto avrà competenze disciplinari e l’obbligatorietà dell’azione penale verrà meno, la scelta dei reati a cui dare priorità non sarà più a discrezione della magistratura bensì del ministro della Giustizia, che in questo modo amplierà ulteriormente il suo peso e la sua influenza in merito all’attività della magistratura (tanto che alcuni hanno accusato il testo di uccidere l’indipendenza del potere giudiziario legandolo a quello esecutivo). La lista dei reati più gravi da perseguire saranno non più discrezionali, ma oggettivi e se ne parlerà nelle stesse aule parlamentari.
Insomma, come è evidente si tratta di modifiche (qui abbiamo sintetizzato un po’ il succo del testo) di assoluta importanza e capaci di modificare fortemente l’impianto costituzionale nelle sue parti riguardanti il potere giudiziario.
I plenipotenziari di Berlusconi in materia di giustizia stanno cercando una sede di concertazione con le forze di opposizione per fare in modo, come detto anche dal Presidente della Repubblica, di rendere le norme il più condivise possibili. Ma non è solo una mera questione di “amore per le istituzioni” che spinge Berlusconi a tentare la carta dell’accordo con l’opposizione: la realtà è che egli stesso teme il referendum confermativo sulle modifiche costituzionali nel caso non si raggiunga in Parlamento, dopo una doppia lettura sia per la Camera sia per il Senato, la maggioranza dei 2/3 a favore della riforma.
Appare evidente dunque che al presunto e probabile vuoto della sinistra, capace di scordarsi e di non capitalizzare proprie epiche vittorie, si accosti un altro vuoto. Quello del centrodestra che, per incapacità altrui, crede di avere mano libera. Pensa di poter manomettere qualunque cosa, dimentico di aver già miseramente fallito nell’intento. Finché Berlusconi non si ricorda delle ultime vicende politiche e si accorge che forse bisogna lavorare per ottenere qualche voto in Parlamento da parte dell’Udc di Casini o di qualche altro soggetto politico. Se la squadra avversaria gioca male, non è detto che la vittoria sia sicura.