Dal Blog: è epidemia di morbillo a causa della paura dei vaccini
L’associazione dei pediatri lancia l’allarme: qualcuno continua ad essere convinto che l’immunizzazione causa la comparsa di disordini dello spettro autistico. Nulla di più errato, eppure c’è chi ci crede. Tanto che, a distanza di 15 anni da quando in Galles si è dato ampio risalto a uno studio “irresponsabile e disonesto” che lo affermava, è scoppiata un’epidemia.
29 LUG – 15 anni fa la diffusione di una credenza errata sul legame tra vaccini per il morbillo e autismo. Oggi una grande epidemia di morbillo, con centinaia di contagi. Questo, in poche parole, quello che è accaduto nel sud-est del Galles negli ultimi mesi. Una storia emblematica, raccontata anche sulle pagine del Wall Street Journal, che dimostra come un’informazione scientifica errata, con la dovuta risonanza mediatica, possa causare molti danni.
La vicenda è iniziata nel 1998, quando un dottore inglese, Andrew Wakefield, ha ipotizzato che l’immunizzazione da morbillo, orecchioni e rosolia potesse causare autismo. In un piccolo studio pubblicato su The Lancet, il medico aveva infatti descritto come alcuni bambini “precedentemente sani” avessero sviluppato problemi gastrointestinali e disordini comportamentali (compreso il disturbo tanto temuto) a seguito della somministrazione del vaccino trivalente, concludendo che fossero “necessari ulteriori studi per investigare il possibile legame tra immunizzazione e sindromi dello spettro autistico”.
Un legame che non esiste, come dimostrato da numerosi studi, il più recente dei quali è uscito loscorso aprile su Journal of Pediatrics, ma che aveva avuto ampio risalto su giornali locali nel sud del Galles, tanto che una parte consistente della popolazione si era convinta della sua fondatezza.
Nonostante la comunità accademica avesse immediatamente precisato che si trattava di una ricerca incompleta con una conclusione speculativa, e che non vi fosse alcuna reale evidenza di un collegamento, nel Galles la paura si era irrimediabilmente diffusa, soprattutto a causa di una copertura mediatica piuttosto ampia data alla notizia dal quotidiano locale The Post. Tanto che, secondo le stime, entro il terzo trimestre del 1998 la diffusione del vaccino era crollata del 14% nelle zone di maggiore distribuzione del giornale, contro una diminuzione di appena il 2,4% nel resto della regione.
Un legame che non esiste, come dimostrato da numerosi studi, il più recente dei quali è uscito loscorso aprile su Journal of Pediatrics, ma che aveva avuto ampio risalto su giornali locali nel sud del Galles, tanto che una parte consistente della popolazione si era convinta della sua fondatezza.
Nonostante la comunità accademica avesse immediatamente precisato che si trattava di una ricerca incompleta con una conclusione speculativa, e che non vi fosse alcuna reale evidenza di un collegamento, nel Galles la paura si era irrimediabilmente diffusa, soprattutto a causa di una copertura mediatica piuttosto ampia data alla notizia dal quotidiano locale The Post. Tanto che, secondo le stime, entro il terzo trimestre del 1998 la diffusione del vaccino era crollata del 14% nelle zone di maggiore distribuzione del giornale, contro una diminuzione di appena il 2,4% nel resto della regione.
A nulla è valsa anche la tardiva smentita dello studio da parte del Lancet stesso, arrivata nel 2010 dopo che il General Medical Council britannico aveva concluso che il lavoro pubblicato da Wakefield fosse talmente “irresponsabile e disonesto” da rendere necessaria la radiazione del medico dall’ordine.
Ci possono volere anni prima che scoppi un’epidemia a seguito di un calo delle vaccinazioni: nella regione del Galles oggi colpita, ad esempio, dal 1999 al 2008 i casi di morbillo si sono attestati tra 104 e i 223, per poi arrivare a 567 nel 2009, e ridiscendere nel 2010 e nel 2011 a 117 e 105 casi rispettivamente. Finché, nel novembre 2012, il numero di casi è ricominciato a salire, e i medici hanno osservato dozzine di nuovi casi a settimana, fino ad arrivare al numero record di 1219. La maggior parte dei quali sono proprio ragazzi dai 10 ai 18 anni che avevano saltato la vaccinazione negli anni in cui si era diffusa la paura dell’autismo tra gli abitanti della regione.
Ci possono volere anni prima che scoppi un’epidemia a seguito di un calo delle vaccinazioni: nella regione del Galles oggi colpita, ad esempio, dal 1999 al 2008 i casi di morbillo si sono attestati tra 104 e i 223, per poi arrivare a 567 nel 2009, e ridiscendere nel 2010 e nel 2011 a 117 e 105 casi rispettivamente. Finché, nel novembre 2012, il numero di casi è ricominciato a salire, e i medici hanno osservato dozzine di nuovi casi a settimana, fino ad arrivare al numero record di 1219. La maggior parte dei quali sono proprio ragazzi dai 10 ai 18 anni che avevano saltato la vaccinazione negli anni in cui si era diffusa la paura dell’autismo tra gli abitanti della regione.
Un problema economico e sociale per la regione del Regno Unito, visto che tra coloro che hanno contratto il morbillo circa il 10% è stato anche ricoverato in ospedale per l’insorgenza di complicazioni (come disidratazione grave o polmonite) ed una persona è morta. Ma la questione non riguarda esclusivamente il Galles: la patologia è estremamente contagiosa e può superare i confini nazionali abbastanza facilmente dando luogo ad una epidemia, mettendo a repentaglio i risultati ottenuti grazie allo sforzo dell’Oms nella lotta alla sua eradicazione.
Le morti causate da questa malattia infettiva sono infatti crollate del 71% dal 2000 al 2011, passando da 542 mila a 150 mila, secondo gli ultimi dati pubblicati a gennaio scorso all’interno del Morbidity and Mortality Weekly Report dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi. Ma il risultato potrebbe essere ancora oggi a rischio, proprio per via di una opposizione “filosofica” ai vaccini che ancora oggi è latente. Ciò è pericoloso per i paesi in via di sviluppo, più che per le nazioni occidentali: il Galles è una regione piuttosto moderna che garantisce alla popolazione accesso alle cure mediche, ma in altri luoghi la situazione è diversa. Secondo le stime dell’Oms, ad esempio, nel 2011 erano ancora 20 milioni i bambini che non avevano fatto neanche il primo richiamo del vaccino, di cui circa la metà si trovano in sole cinque nazioni: Congo, Etiopia, India, Nigeria e Pakistan.
Le morti causate da questa malattia infettiva sono infatti crollate del 71% dal 2000 al 2011, passando da 542 mila a 150 mila, secondo gli ultimi dati pubblicati a gennaio scorso all’interno del Morbidity and Mortality Weekly Report dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi. Ma il risultato potrebbe essere ancora oggi a rischio, proprio per via di una opposizione “filosofica” ai vaccini che ancora oggi è latente. Ciò è pericoloso per i paesi in via di sviluppo, più che per le nazioni occidentali: il Galles è una regione piuttosto moderna che garantisce alla popolazione accesso alle cure mediche, ma in altri luoghi la situazione è diversa. Secondo le stime dell’Oms, ad esempio, nel 2011 erano ancora 20 milioni i bambini che non avevano fatto neanche il primo richiamo del vaccino, di cui circa la metà si trovano in sole cinque nazioni: Congo, Etiopia, India, Nigeria e Pakistan.
Insomma, questa epidemia potrebbe essere solo una sorta di “canarino da miniera”, come ha spiegato James Goodson, esperto di morbillo dei CDC: le persone che si rifiutano di vaccinarsi potrebbero mettere a rischio anche la salute di chi gli è intorno. “Nonostante sia una delle misure sanitarie più importanti mai inventate da un uomo o da una donna, sembra che ci sia ancora una parte dell’umanità che si oppone all’idea stessa dell’immunizzazione”, ha commentato Dai Lloyd, uno dei medici che nel Galles in questi mesi ha cercato di curare i pazienti vittime dell’epidemia di morbillo.
Senza contare che questa epidemia è qualcosa di molto frustrante per chi tenta di fare buona sanità nel Regno Unito, come ha concluso Paul Cosford, direttore medico di Public Health England, agenzia governativa per la salute pubblica in Gran Bretagna: “È piuttosto irritante il fatto che fossimo vicini all’eradicazione e invece ora il problema si sia ripresentato”. Soprattutto per questo motivo.
Senza contare che questa epidemia è qualcosa di molto frustrante per chi tenta di fare buona sanità nel Regno Unito, come ha concluso Paul Cosford, direttore medico di Public Health England, agenzia governativa per la salute pubblica in Gran Bretagna: “È piuttosto irritante il fatto che fossimo vicini all’eradicazione e invece ora il problema si sia ripresentato”. Soprattutto per questo motivo.