Adesso si cerca di giustificare The Mission con il fatto che non è un reality, che la presenza dei Vip sarà semplicemente documentata da addetti ai lavori e che il tutto sarà successivamente oggetto di montaggio. Dunque una trasmissione molto vicina all’informazione, al documentario.
Vista la polemica che si è scatenata quasi certamente The Mission verrà “corretta” in corsa. I Vip saranno invitati ad evitare lacrimucce a beneficio delle telecamere e il tutto diventerà più sobrio, meno pacchiano di come era stato probabilmente previsto. La sostanza però rimane. Cerco di riassumerla per punti:
Uno. The Mission sarebbe paradossalmente diventata anche accettabile (o meglio meno scandalosa) se la Rai avesse dei palinsesti e dei Tg intasati di programmi sui rifugiati e sull’attualità internazionale. Ma non è così: queste realtà sono marginali negli interessi RAI. The Mission si inserisce in questo vuoto e diventa praticamente l’unica (o quasi) trasmissione con la quale si affrontano questi temi. E ad affrontarli non ci sono giornalisti ma personaggi come Emanuele Filiberto o Albano.
Due. Leggo che una puntata di The Mission sarebbe costata circa 150mila euro (secondo altre fonti addirittura 300mila). Credo che non si sia lontano dalla realtà: portare una ventina di persone in Africa con relative attrezzature è una operazione costosa. Ma c’era veramente bisogno di 14 persone tra cameraman, tecnici, registi eccetera? Ci sono trasmissioni Rai (Radici di Davide Demichelis e Alessandro Rocca o C’era Una Volta di Silvestro Montanaro) che vanno in onda nel pieno della notte, quasi a riempimento del palinsesto e che si sognano budget come quello di The Mission e che ogni anno sono a rischio chiusura.
Tre. Ma per parlare di rifugiati c’era veramente bisogno dell’incursione di venti persone in un campo profughi (che, di solito, è una realtà che vive su un delicato equilibrio, spesso di tensioni interne)? Immaginatevi venti persone che arrivano con provviste, cibo, attrezzature dove manca tutto e che magari non hanno nemmeno la sensibilità che deriva dalla frequentazione di luoghi come i campi. Sono certo che dal punto di vista logistico la presenza dei Vip e della troupe nelle due puntate girate fino ad ora è stata un problema per i rifugiati che avranno visto gli operatori umanitari impegnati a “spianare” il terreno per girare la trasmissione piuttosto che rivolti alle loro esigenze.
La domanda di fondo poi rimane, ed è la principale: da tutta questa operazione chi trae vantaggio? I rifugiati, dei quali il mondo (la piccola Italia) sarà più informato e magari più propenso a fare qualche gesto di beneficenza? Oppure i Vip che vedranno crescere la loro popolarità? E la Rai che vedrà crescere gli ascolti dei quali i dirigenti che hanno promosso The Mission potranno gloriarsi? Io non ho dubbi, purtroppo.