L’aveva detto giusto 24 ore fa Luigi Bisignani alla presentazione del suo libro a Porto Cervo: “La macchina organizzativa del Pdl è già partita e fra qualche giorno sarà visibile in tutta Italia”.
Verrebbe da dire che, più che le divisioni del Pdl, a muoversi sono già quelle di Forza Italia.
La prima dimostrazione si è avuta già una settimana fa. Alla manifestazione di sabato scorso, in effetti, si è cantato di nuovo l’inno dei berlusconiani della prim’ora (assieme ad Azzurra libertà e Meno male che Silvio c’è, per i cultori più recenti) e, nella scenografia del palco, la bandierina sfoderata da Silvio Berlusconi all’inizio del 1994 era a fianco del simbolo del Pdl, praticamente con lo stesso peso visivo.
Un emblema, quello del Popolo della Libertà, più giovane di quattordici anni rispetto all’altro, eppure mai amato dai sostenitori e dallo stesso Cavaliere. Un segno anonimo, che con i suoi quattro colori (verde, bianco, rosso e l’azzurro dei Savoia, dei cristiani, della Nazionale) non comunicava molto più che il volersi rivolgere a tutti, senza dare segno di un’identità: unica eccezione, la versione da scheda elettorale che riportava diligentemente il nome di Berlusconi (ed era quello che acchiappava voti, non il disegnino).
Quella bandiera, invece, disegnata da Cesare Priori, direttore creativo che curava l’immagine di Fininvest, di potenziale ne aveva parecchio: era diversa dai due tricolori che circolavano da oltre quarant’anni (quello dei liberali e quello che stava sotto alla falce e martello del Pci) e nel giro di due mesi scarsi era riuscita a imporsi – con una campagna elettorale martellante sui media – all’attenzione di milioni di elettori.
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Dell’esistenza in vita di Forza Italia e del suo imminente risveglio si stanno accorgendo in molti: proprio oggi Linkiesta ha pubblicato la foto di uno dei primi manifesti sparsi qua e là, per preparare i cittadini a un ritorno in grande stile.
E’ raro che in Italia un partito si guardi indietro e recuperi un simbolo adottato in passato, ma non è una cosa sconosciuta. E’ capitato, essenzialmente, quando due forze politiche avevano unito le loro strade per poi separarle di nuovo, riprendendo i vecchi contrassegni.
L’ha fatto, per dire, il Psdi col sole nascente dal mare dopo l’esperienza (piuttosto negativa) dell’unificazione con i socialisti del 1968-1969, mentre lo stesso Psi (riacquistata la sua autonomia) non riprese il suo simbolo tale e quale, ma scelse di rielaborare graficamente quello vecchio.
Anche la rosa nel pugno, adottata in Italia dai radicali fin dalla fine degli anni ’70, nel 2006 fu riesumata per un cartello elettorale con lo Sdi (sia pure in una versione a colori e un po’ modificata): non era però proprio lo stesso partito in gioco e il risultato fu deludente.
Qui invece si tratterebbe proprio dello stesso simbolo (salvo interpretazioni grafiche non ancora note) e soprattutto connoterebbe un potenziale bacino di elettori molto più ampio. Il “riciclo” è chiaramente possibile, anche perché Forza Italia in questi anni ha continuato a esistere giuridicamente: sarebbe “in sonno”, bisognerebbe solo svegliarla.
Questi primi esperimenti, dunque, servirebbero a preparare gli elettori e gli stessi iscritti fin dai prossimi mesi: il rischio che si torni al voto entro l’anno non è scongiurato, per cui è bene tenersi pronti. A vestire con entusiasmo la vecchia casacca (vedi alla voce Giorgio Lainati e Antonio Martino) oppure a scegliere di non indossarla proprio, se non la si aveva mai portata prima.
E’ il caso di Carlo Giovanardi, già Dc-Ccd-Udc ed entrato nel Pdl con i suoi “Popolari liberali”: alle prime voci consistenti di ritorno a Forza Italia, ha messo subito in chiaro che sarebbe rimasto dove è ora. “Non sono un pacco postale: chi come me non ha mai fatto parte di Fi ma ha aderito un partito popolare democratico di ispirazione cristiana che fa parte del Ppe, secondo me e’ giusto che rimanga qui“.
Morale, in Forza Italia torni chi veniva da lì e porti con sé i nuovi Silvio-entusiasti, nel Pdl – secondo Giovanardi – resti chi ha avuto esperienze “nella destra democratica, nella democrazia cristiana, nei socialisti”. Verrebbe da dire, parafrasando il claim di un vecchio spot di uno spumante: “Forza Italia: per molti, ma non per tutti”.