Kyenge, ancora insulti dalla Lega
Kyenge, ancora insulti dalla Lega. Bossi: “Il ministro ci ha rotto i coglioni”. “Pronti i fucili se aboliscono le province”
Continua la polemica tra la Lega Nord e Cecile Kyenge. E questa volta, a chiamare in causa il ministro dell’integrazione, ci pensa direttamente il fondatore del Carroccio, Umberto Bossi, durante un comizio in Valtrompia , caratterizzato da una pioggia battente e dai tanti gazebo sotto ai quali si consuma il tradizionale piatto bresciano: spiedini di carne e patatine fritte.
[ad]“Io sono assolutamente contro gli insulti ma quando dicono che è la solita lega razzista, in realtà è tutto il Paese che ne ha pieni i coglioni del ministro Kyenge”. Il presidente della Lega Nord ribadisce: “Io sono contrarissimo agli insulti, si può ragionare, ma bisogna anche dire la verità”.
Bossi si sofferma anche sull’ipotesi di concedere la cittadinanza agli immigrati attraverso lo ius soli, ossia il diritto di cittadinanza in seguito alla nascita da genitori stranieri in territorio italiano, svelando un retroscena: “Ho chiesto in Aula al ministro Alfano se è vero che il Governo vuole cambiare la Bossi-Fini. E lui mi ha detto “Sono io il ministro dell’Interno, Cecile Kyenge può dire quello che vuole ma io non ho alcuna intenzione di toccare la legge Bossi-Fini” ”.
Il Senatùr poi, parlando dell’abolizione delle province, rispolvera il vecchio armamentario sui presunti fucili che la “gente del Nord” avrebbe pronti: “La cancellazione delle province è una decisione che annulla l’identità di un popolo. Vuol dire non rispettare quello che c’è sul territorio. In Valtrompia però per fortuna si producono ancora le armi, un giorno serviranno…”.
Bossi non si nega neanche una battuta sull’amico Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva dalla Cassazione per frode fiscale: “La magistratura fa una serie di errori, che non paga mai, e non va bene”. Un pensiero, per questo, va anche all’ex leader del Psi Bettino Craxi che “non applicò il referendum per dare maggiore responsabilità ai magistrati, e si ritrovò fuori dal Parlamento, un po’ come Berlusconi”, anche se, secondo Bossi, “il Cavaliere non è finito”.