Anche in caso di elezioni anticipate, così anticipate da arrivare prima della decisione della Giunta del Senato, Silvio Berlusconi sarebbe comunque incandidabile.
Lo ha sostenuto questa mattina Dario Stefano, senatore di Sel che presiede appunto la Giunta delle elezioni e delle autorizzazioni, nel corso di un’intervista a Radio Capital in cui è intervenuto parlando della decadenza di Berlusconi dopo la sentenza della Cassazione.
L’esponente del partito di Vendola ha espressamente negato che la discussione sul caso Berlusconi possa slittare a novembre: “L’aula del Senato voterà sulla decadenza di Berlusconi entro ottobre, ce la faremo. I tempi della Giunta dipendono dalle decisioni del relatore, ma questo cambierà di poco, una settimana in più o in meno, a settembre”.
Legittimo pensare, peraltro, che il governo (e di conseguenza il Parlamento) possa non reggere fino a quel momento: anche se le Camere fossero sciolte prima della decisione, però, Berlusconi non potrebbe comunque candidarsi al Parlamento. Stefano ne è certo.
“La Giunta decide sulla decadenza dall’attuale mandato – ha spiegato durante l’intervista -. In ogni caso la legge Severino introduce un argomento che sara’ ineludibile e a me sembra impossibile che gli organi preposti alla validazione del risultato elettorale, in primis la Corte di Appello, possa validare l’elezione di uno che incorre nelle prescrizioni della legge Severino“.
Per dare maggiore vigore alle sue affermazioni, Stefano ricorda come alle ultime elezioni amministrative una diversa disposizione della legge sia già stata applicata e proprio nei confronti di un esponente del suo partito (Andrea Alzetta, dichiarato non proclamabile dopo l’elezione in consiglio comunale a Roma).
Sulla questione dell’incandidabilità la mattina era iniziata con un intervento del costituzionalista (ed ex senatore Pd) Stefano Ceccanti, che sulle colonne di Repubblica aveva espresso un concetto simile: “Nell’articolo 2 del decreto legislativo 235/2012, che attua la legge Severino, e’ scritto che in caso di condanna oltre i due anni sei incandidabile per sei anni. Ciò vuol dire che non puoi stare in lista, mentre fino ad allora potevi starci e la Camera di appartenenza decideva a maggioranza se eri ineleggibile o no“.
Se la cava con una posizione intermedia il ministro Udc Giampiero D’Alia: “Il compito e il giudizio sui titoli di ammissioni dei parlamentari spetta alle Camere – spiega a SkyTg24 -. La sentenza Mediaset va rispettata, ma anche Berlusconi va rispettato per quello che rappresenta per il paese”.