Calma apparente nel Pd, ma solo in superficie
Che si sappia, almeno fino a questa mattina le acque in casa Pd sembrano relativamente calme, anche se è probabile che si aspetti con un po’ di apprensione (per l’incertezza del risultato) l’intervento di Napolitano sul caso Berlusconi.
La calma, tuttavia, potrebbe essere solo apparente e, comunque, solo superficiale: mentre il partito risulta compatto nel dichiararsi contrario a ogni ipotesi di “salvacondotto” per il Cavaliere, all’interno la tensione resta.
Per rinfocolarla, può bastare una dichiarazione, anche breve: le interviste degli esponenti e dei ministri dem vengono regolarmente passate al microscopio e, se una frase sembra sospetta, la scintilla è già scoccata.
E’ capitato ieri, per esempio, al ministro per gli Affari regionali (ed ex sindaco di Reggio Emilia) Graziano Delrio . Ieri su Repubblica è uscita una sua intervista in cui ha parlato soprattutto dell’Imu e dell’impossibilità di “agibilità politica” per Berlusconi. Poi però è arrivata una domanda su una possibile nuova candidatura di Enrico Letta alla Presidenza del Consiglio e Delrio ha risposto così: “Enrico ha capacità e sta facendo un servizio al Paese. Non conosco le sue intenzioni. Sarà libero di decidere. E’ evidente che, esponendosi a guidare una coalizione con il Pdl, porta una croce che non prepara a quel tipo di soluzione lì”.
C’è chi ha voluto vedere una sorta di stop preventivo a Letta junior, magari motivato da ambizioni personali dello stesso Delrio o da interessi “di parte”. Sembra almeno pensarla così Giuseppe Fioroni, che su Twitter ieri aveva lanciato questo pensiero: “Delrio boccia Letta futuro premier per larghe intese non contano risultati. La faziosità come l’opportunismo non ha limite, il ministro e’ incoerente“.
E’ più facile spiegare la reazione di Fioroni collocando Graziano Delrio tra i sostenitori di Matteo Renzi e Fioroni come convinto assertore dell’inopportunità di pugnalare una possibile nuova candidatura di Enrico Letta alla premiership reintroducendo la coincidenza tra segretario del partito e candidato a Palazzo Chigi (regola che, fosse rimasta in vigore, avrebbe impedito a Renzi di candidarsi alle ultime primarie).
Certamente Delrio non ha nascosto il suo schieramento all’interno del partito, già manifestato alle ultime primarie: “Il mio Tony Blair è Matteo Renzi? Esatto, sono convinto che un leader debba avere empatia con il suo popolo e idee per il futuro da mettere in campo. Matteo è il candidato migliore alla segreteria”.
Chi ritiene di non rischiare il posto, assieme agli ex bersaniani, è Nico Stumpo, responsabile organizzativo del Pd all’epoca delle primarie e oggi deputato, ha risposto a Klaus Davi che gli ha chiesto se, a suo parere, una vittoria dei renziani avrebbe portato alla pulizia etnica all’interno del partito. “Non credo che nessuno abbia a chiedere la mia testa. Non temo nessuna ‘pulizia etnica’, perché noi rispondiamo ai nostri elettori e al partito, non a logiche correntizie”. Lui ne è convinto, almeno così dice.
Gabriele Maestri