Violante: “Ora tocca all’intelligenza politica”
Anche Luciano Violante aggiunge il suo commento ai tanti che si susseguono da ieri sulla nota del Capo dello Stato.
Due volte “saggio” (era nella commissione istituzionale scelta da Napolitano, fa parte di quella voluta da Letta per le riforme) dopo essere stato presidente della Camera, Violante valuta il documento del Quirinale da giurista e non solo.
Dialogando con Daria Gorodisky del Corriere, l’ex magistrato riassume i punti per lui fondamentali del messaggio di Napolitano: «Sancisce che non esiste automatismo fra la condanna di Berlusconi, un’eventuale crisi di governo e lo scioglimento delle Camere. Che la stabilità è essenziale, sia dal punto di vista sociale che economico. Che le sentenze si possono anche criticare, ma vanno rispettate. Che nelle attuali condizioni non ci può essere una iniziativa spontanea del capo dello Stato e che, se ci sarà una domanda di grazia, verrà esaminata con la massima cura».
Se, da penalista quale è, sottolinea che per le conseguenze di un provvedimento sulla pena accessoria «tutto dipende dal contenuto dell’eventuale domanda di grazia», Violante si dice certo che sulla legge Severino il Quirinale non possa in alcun modo intervenire («La decadenza e l’incandidabilità previste nella legge anticorruzione non sono pene, ma sono effetti della condanna: in base alle leggi in vigore, l’effetto non può essere cancellato con un provvedimento di clemenza») e ricorda anch’egli il caso Alzetta già sollevato da Sel nei giorni scorsi.
Il partito di Violante, il Pd, secondo le dichiarazioni del suo esponente non dovrebbe cambiare idea sull’incandidabilità di Berlusconi («Non mi pare che le affermazioni del Pd fossero equivoche»): in ogni caso, per il giurista ed ex deputato «La questione è molto seria. Non si risolve con funambolismi giuridici».
Violante non vuole andare oltre quanto Napolitano ha scritto nella nota («Le parole del presidente della Repubblica si leggono e non si interpretano»), per cui non parla di un’eventuale commutazione della pena detentiva di Berlusconi, né della possibilità di un gesto di clemenza senza che questo consenta un ruolo politico. Non nega però che un problema politico di fondo ci sia.
«Un Paese come l’Italia ha bisogno di un partito di destra. Ma questo partito non può essere carismatico, sottoposto alla regola “se cade il leader cade il partito”». Significa che il Pdl deve privarsi di Berlusconi? Violante non ne è convinto: «Credo che ne abbia ancora bisogno. Ma il Pdl dovrebbe trasformare questa sciagura in occasione, avviando la propria mutazione in un grande e autonomo partito politico europeo».
La questione fondamentale, per l’ex Presidente della Camera, resta però un’altra: «Il presidente ha interrotto una sequenza argomentativa secondo la quale alla condanna doveva seguire un salvacondotto; in caso contrario, il ritiro dei ministri Pdl, la caduta del governo e le conseguenti elezioni anticipate. Tutto questo non c’è più. Ora si chiudano i codici e si metta in campo l’intelligenza politica». Invito nobile, ma che i codici siano chiusi del tutto, è difficile da credere.