Continuano in Egitto le operazioni di sgombero dei sit-in organizzati dai Fratelli Musulmani che hanno occupato le principali piazze del Cairo per oltre un mese: ogni giorno che passa, la violenza aumenta in maniera esponenziale.
Le zone occupate dai manifestanti pro-Morsi come l’accampamento di al-Nahda, di al-Adawiya e di Nasr City, fin dalla mattina, sono diventate delle zone off-limits per chiunque: l’esercito ha bloccato qualsiasi tipo di accesso. Proprio per questo motivo non è possibile avere delle informazioni imparziali sugli avvenimenti.
La voce più attendibile, quella che arriva da un inviato di France Presse, parla di centoventiquattro morti contati in tre diversi obitori cittadini ma, ovviamente, ci sono altre fonti contraddittorie.
Secondo la Fratellanza, le vittime fra i manifestanti pro-Morsi sarebbero duemila in tutto il paese – cinquecento solo al Cairo – mentre il Ministero della salute ha, inizialmente, smentito la presenza di vittime per poi riconoscerne una sessantina. Tutte queste dichiarazioni arrivano mentre l’inviato di al-Jazeera al Cairo dice di aver contato circa trecento morti in un ospedale della città.
Se il numero delle vittime è tuttora incerto, sono dati per assodati i decessi di Asma El Beltagui, figlia del segretario generale del partito Giustizia e libertà, e di Hasfa Shater, con suo marito, figlia del numero 2 della confraternita religiosa, Khairaht Shater, ora in prigione. Si possono, inoltre, annoverare fra le vittime anche il cameraman di Sky News, Mick Deane, di 62 anni, e una giovane reporter di Xpress, del gruppo emiratino Gulf news, Habiba Ahmed Abd Elaziz, 26 anni.
Le azioni di soppressione non si limitano solo alle violenze sulla folla ma, nelle ultime ore, è arrivata la notizia di alcuni importanti arresti messi a segno dalla polizia fra i vertici dei Fratelli Musulmani come l’ex segretario generale della Fratellanza, Mohamed el Beltagy.
Nonostante i numerosi tentativi di arginare la rivolta, i manifestanti pro-Morsi sono scesi in strada e nelle piazze di Alessandria e di Assuan dove hanno circondato la sede del governatorato, tempestivamente evacuato. Atti di violenza gravissimi sono stati registrati a Minya, a Sohag e a Suez dove è stato appiccato il fuoco a tre chiese copte e ad una scuola.
Mentre i Fratelli Musulmani lanciano un appello dal profilo Twitter del portavoce Gehad El-Haddad per chiedere al paese di scendere in piazza contro il “massacro”, l’ex presidente Morsi minaccia uno sciopero della fame in caso di sgombero violento dei manifestanti.
Tempestive le dichiarazioni dell’ambasciata italiana al Cairo che sconsiglia i viaggi in Egitto se non in mete prettamente turistiche e dell’UE che sottolinea come la violenza non sia una soluzione.
In questa tempesta di violenze e di stragi viene quasi naturale porsi una domanda dalla risposta non tanto semplice: qual è il limite, il confine, fra l’uso lecito e legale della violenza da parte dello Stato al fine di conservare la democrazia e l’uso illecito ed opportunista della violenza da parte di una fazione politica al fine di ottenere il potere?
Anche in base a questo dubbio, il vicepresidente El Baradei si è dimesso dopo le violenze delle ultime ore.