Cambiare subito il Porcellum. L’ha detto ieri Enrico Letta al Meeting. “Bene, bravo”, ma al coro non si accoda il Pd Roberto Giachetti. E non certo perché non sia d’accordo.
Lui a mollare la legge elettorale porcata, quella del premio di maggioranza senza soglia e del Parlamento di nominati, ci pensa da tempo e tre mesi fa aveva presentato una mozione alla Camera per risolvere il problema, semplicemente abrogando la legge Calderoli e tornando al sistema previgente, quello proposto da Mattarella nel 1993.
La sua iniziativa, però, era stata sepolta di critiche da più parti, soprattutto dal suo stesso partito: memorabile il commento di Anna Finocchiaro, che bollò l’iniziativa come “intempestiva e prepotente”. Ora che è direttamente il presidente del Consiglio dem (sia pure di larghe intese) a invocare un’archiviazione immediata del Porcellum, Giachetti si toglie qualche sassolino dalle scarpe. Sassolini che pesano come macigni.
“Si potrebbe fare un bel collage delle dichiarazioni di oggi (a cominciare da quelle di Letta) e di quelle di soli 3 mesi fa, quando presentai la mozione per il ritorno al Mattarellum – scrive sul suo sito – per rendersi conto di quanto ancora molto ci sia da rottamare, soprattutto in termini di metodo, nell’attuale politica. Ma andiamo oltre, prendiamo in positivo il nuovo coro di proclami a favore della riforma della legge elettorale”.
Le note positive, però, sono già finite: il vicepresidente della Camera, infatti, si rivolge direttamente ai dirigenti del Pd e, dalle prime parole, si capisce che non farà nemmeno un euro di sconto. “Nelle dichiarazioni di queste ultime settimane a favore del ‘superamento’ del Porcellum si nasconde una perdurante ambiguità che non può più proseguire. Se non vogliamo prendere ancora una volta in giro gli italiani, il milione e mezzo di elettori che hanno sottoscritto l’apposito referendum, gli iscritti e militanti del Partito democratico, il partito prenda una decisione chiara ed esplicita prima di iniziare (ammesso che ciò davvero accada) la discussione sulla riforma elettorale”.
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La chiarezza, per Giachetti, passa attraverso due domande fondamentali cui i dirigenti del partito devono assolutamente rispondere: “Il Pd è per la modifica del Porcellum o per la sua cancellazione? Il Pd è per un sistema di tipo maggioritario o proporzionale?”
Non accetta il vicepresidente della Camera di sentirsi ricordare che l’Assemblea nazionale Pd si è già espressa per un sistema maggioritario con doppio turno tipo francese (una scelta che lo stesso Giachetti dice di condividere). “Non facciamo il gioco delle tre carte. Qui non stiamo parlando della legge elettorale a regime, parliamo della legge di “salvaguardia”, della legge “ponte”, della legge immediata, da fare subito (entro ottobre come dice Letta)”.
Per Giachetti, che dalla sua precedente militanza radicale (oltre a una conoscenza invidiabile dei regolamenti parlamentari) ha mutuato la tenacia nelle battaglie da perseguire, il segretario del Pd Epifani dovrebbe convocare all’inizio del mese prossimo (cioè tra una quindicina di giorni) una direzione perché quelle due domande abbiano finalmente una risposta. Un punto, per il deputato Pd, deve però essere fermo: “La decisione non può essere frutto di scelte ambigue, confuse e, non di rado, autolesioniste”.
Quelle scelte, qualora a qualcuno fosse sfuggito, hanno un nome e un cognome, quello di Anna Finocchiaro. “Faccio esplicito riferimento a quella affatto casuale del Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato che dopo aver definito ‘intempestiva e prepotente’ la presentazione della mozione sul ritorno al Mattarellum, con grande ‘tempestività’ e senza alcuna ‘prepotenza’ istituzionale ha praticamente scippato alla Camera l’avvio della discussione della riforma elettorale con una furbata di sapore vecchio consociativo facendone un finto incardinamento al Senato prima della pausa estiva”.
La scelta della Finocchiaro, per Giachetti, non sarà affatto indifferente (visto che alla Camera il Pd ha i numeri per far passare una legge, a Palazzo Madama la situazione è più precaria): “Partire dal Senato significa inevitabilmente condizionare la riforma “ponte” all’accordo col Pdl e quindi portare il Pd in modo surrettizio verso la modifica del Porcellum in luogo della sua cancellazione”.
Uno scenario che dev’essere evitato, secondo Giachetti, con “un dibattito aperto nella sede decisionale del partito dopo la quale possibilmente si decida e non si rinvii come accade ormai un po’ ovunque”. Questo auspicio genera altre domande, non meno insidiose delle prime: “Si può chiedere agli organi dirigenti del partito che si parli in modo chiaro ed in modo altrettanto chiaro si decida? O forse questa strada interromperebbe il tanto praticato sport di dire ‘superiamo il Porcellum’ (che tanto non costa nulla e rende tanto) e tacere sul come?”
Roberto Giachetti ha presentato il conto (non senza ragione) al momento giusto: ora tocca al suo partito, a cominciare dal segretario, dal Capo del Governo e (manco a dirlo) dalla Finocchiaro dire chiaramente cosa vogliono fare. Ma non a Giachetti: agli elettori.