Quella dello spread basso come indice della ripresa economica italiana, sarebbe una favola. Anzi, una Barzel-Letta. Parola di Beppe Grillo.
Il leader del MoVimento 5 Stelle affida a un breve testo, tanto amaro quanto sferzante (o sprezzante, se si preferisce) la sua risposta nemmeno troppo indiretta alle prospettive di crescita lanciate da Enrico Letta ieri all’apertura del Meeting di Rimini.
“Lo spread è calato, tutti a festeggiare la rinascita economica dell’Italia. Ma – si chiede Grillo – se lo spread misura l’andamento del Paese e tutti, ma proprio tutti, gli indici sono negativi, addirittura peggiorati di molto da due anni a questa parte, da quando fu chiamato Rigor Montis al governo, cosa misura lo spread?”
Per Beppe Grillo bisognerebbe chiederlo ai milioni di disoccupati che continuano a crescere: il tutto mentre “il debito pubblico è ormai fuori controllo, decine di migliaia di imprese chiudono o delocalizzano per la burocrazia e la tassazione più alta d’Europa, il Pil è arrivato al record dell’ottavo calo consecutivo. Cosa c’è da festeggiare? E chi festeggia?“
Il leader a 5 Stelle cerca di dare un volto a questi numeri che ogni giorno cambiano: ricorda come il differenziale sia sceso soltanto perché ad essere aumentato è il tasso di interesse dei titoli di Stato tedeschi. “Tutto qui, il resto sono barzellette di Capitan Findus Letta, il più amato dai ciellini dopo Forminchioni“.
L’ultimo termine, naturalmente, è poco politically correct, ma un po’ di sfogo ci voleva, dopo che ieri Grillo aveva suonato l’attacco alle buone maniere politiche che finirebbero per tappare la bocca dei parlamentari del M5S, oltre che la sua.
“Non possiamo più parlare – aveva denunciato sempre dalle colonne del suo blog -. Il politically correct ha trasformato le nostre conversazioni in parole sintetiche. Di plastica. Le ha svirilizzate. Parlare come si pensa è diventato uno scandalo”. Lungi dall’essere un filtro sociale positivo, il “parlar corretto sarebbe una “piaga ipocrita”, una “mascherata” per giunta contagiosa.
“Napolitano non è neppure nominabile in Parlamento. All’ingresso di Montecitorio la politically correct Boldrini metterà la targa ‘Non bestemmiare e non nominare Napolitano invano‘ – aveva precisato Grillo, rinunciando però subito alle iperboli -. E che dire dei parlamentari condannati che si fanno chiamare “onorevoli“? Forse dovremmo chiamarli “onorevoli delinquenti“? E dell’ “agibilità politica” al posto della grazia?”
Il continuo sforzo mentale per non urtare alcuna sensibilità con le proprie parole, dunque, sarebbe assolutamente distruttivo per Beppe Grillo, che come soluzione per trasformarsi in “Houdini della parole” propone un saluto perentorio e secco come “Buongiorno e non mi faccia dire altro”.
Ieri si sarà limitato a dire questo per non essere additato come “professionista della conflittualità”, categoria messa all’indice da Letta proprio al Meeting. Eppure forse anche Grillo potrebbe aderire all’opinione tagliente di Marco Follini, scodellata da poco su Twitter: “Non vorrei che la disputa finale fosse tra i professionisti della conflittualità e i dilettanti della pacificazione“. Appunto.
Gabriele Maestri