Ci siamo. Dopo settimane di verifiche, il rodaggio è finito e oggi è ufficialmente entrato in vigore il nuovo redditometro.
Questo strumento dovrebbe garantire al Fisco controlli più affidabili per scovare gli evasori fiscali, introducendo pure maggiori garanzie per i contribuenti onesti.
L’attenzione del nuovo sistema sarà puntata sugli scostamenti tra quanto dichiarato e quanto effettivamente acquistato: scostamenti che, comunque, dovranno essere di una certa rilevanza, poiché sotto la lente del redditometro finiranno solo le discrepanze pari almeno il 20%.
Più specificamente, nella selezione dei contribuenti a maggior rischio di evasione, l’Amministrazione finanziaria prenderà in considerazione solo spese e dati certi (presenti nell’anagrafe tributaria o nella dichiarazione dei redditi) e non terrà conto delle spese medie Istat, che, pertanto, non rientreranno nel calcolo dello scostamento tra reddito dichiarato e reddito ricostruito.
Che succede se il reddito dichiarato si discosta di oltre il 20% dalle spese effettive? In un primo momento il soggetto riceverà dal ministero dell’Economia e delle Finanze un avviso di presentazione all’Agenzia delle entrate, con l’onere di spiegare le spese eccessive, dimostrando che si tratta di soldi risparmiati in precedenza oppure di prestiti o donazioni da altri familiari. Ciò non costituisce ancora un accertamento formale: esso scatterà solo qualora non vi siano spiegazioni convincenti da parte del contribuente e dopo un contraddittorio più approfondito.
La seconda fase dovrebbe svolgersi così: il fisco chiederebbe ragione al contribuente anche delle spese “stimate”, cioè di quelle più piccole ed calcolate in base agli indici Istat (come il vitto, le spese per i vestiti, i trasporti, il tempo libero).
Qualora al termine di questa fase l’amministrazione fiscale mantenesse le sue pretese (far pagare le tasse sul reddito effettivo calcolato con il redditometro, e non su quello dichiarato), si aprirebbe l’accertamento formale. L’amministrazione dovrà quantificare il maggior reddito accertabile e la maggiore imposta da pagare e chiedere al contribuente di aderire al pagamento delle somme richieste.
In quel caso, al cittadino restano due strade: pagare entro quindici giorni per avere le sanzioni ridotte, oppure avviare un contenzioso, ricorrendo alla giustizia tributaria. Il contribuente, dunque, per dimostrare la propria innocenza fiscale, può fornire diversi ordini di prove, in relazione alla tipologia di spesa effettuata. Se si parla di situazioni e fatti certi, il contribuente può provare che le spese certe sono state finanziate, ad esempio, con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta.
Se invece si tratta della disponibilità di un bene di cui il Fisco possiede già tutte le informazioni e caratteristiche (es. un immobile di cui l’agenzia delle entrate conosce ampiezza, dimensioni, categoria catastale, ecc.) il contribuente, oltre a dimostrare l’eventuale inesattezza delle informazioni contenute nell’invito, potrà comunicare fatti e situazioni da cui riscontrare l’inesattezza della ricostruzione della spesa, o la diversa imputazione della stessa (ad esempio, nel caso di spese di utilizzo e manutenzione per un’automobile di proprietà, può provare il sequestro temporaneo del veicolo).
Infine, per quanto riguarda le spese di modica entità rientranti nei calcoli Istat, alle contestazioni del Fisco il contribuente potrà opporre anche le argomentazioni logiche.