La discarica e la sindrome Nimby di Brunetta
“Caro direttore, l’interesse personale c’è ed è bene dichiararlo subito”. Comincia con la giusta dose di sincerità la lettera che il capogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta ha scritto domenica al Messaggero.
L’ex ministro antifannulloni si conferma così molto attivo tra le colonne della carta stampata: alle volte, infatti, non manca di scrivere qualche sermone per Il Foglio contro il servizio pubblico radiotelevisivo o i giornalisti “schierati”.
Questa volta, però, l’oggetto della missiva riguarda l’apertura della discarica romana di Falcognara, al 14° km di via Ardeatina, in sostituzione del sito di Malagrotta, ormai saturo e fuorilegge.
Infatti, Brunetta non tarda a denunciare le conseguenze dannose: “La mia casa è a poco più di 1 km dalla cava che potrebbe essere trasformata in una mega discarica di rifiuti urbani […] Lo scenario che l’apertura lascia presagire è da incubo. Centinaia di mezzi pesanti su strade già intasate, inquinamento delle falde e degli affluenti del Tevere, rumore e disagi, terreni agricoli in stato di abbandono, valori immobiliari ridotti a zero”.
Ma non solo, la sua apertura potrebbe compromettere le bellezze artistiche della zona e i siti strategici d’interesse nazionale: “A complicare le cose nell’area circostante la possibile discarica ci sono alcuni dei luoghi simbolo della cristianità: dalla chiesetta del Quo Vadis, alle catacombe di San Callisto, al santuario del Divino Amore. E poi un parco archeologico, una riserva naturale, una rete idrica delicata, svincoli stradali non adeguati, grandi insediamenti residenziali, centri di ricerca scientifica e di cura sanitaria di profilo internazionale”.
Nell’intervista di ieri rilasciata al Corriere, il capogruppo Pdl a Montecitorio ricorda come il sito di Falcognara si trovi “nella zona dove giocava mia moglie da piccola, a circa un chilometro di distanza”. Anche se ci tiene a precisare: “Io non dico: no a una discarica nel mio giardino. Dico no a un’altra discarica a Roma. Non dico: apritela da un’altra parte. Dico: risolviamo strutturalmente il problema”.
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