Pensioni. Al meeting di Comunione e Liberazione è intervenuto il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ed è tornato a parlare delle pensioni d’oro mentre il sottosegretario Dell’Aringa ha rilanciato il contributo di solidarietà.
Siamo, ormai, alla fine di un torrido agosto ma l’autunno che ci aspetta non sarà meno caldo dal punto di vista politico.
Ogni giorno il governo Letta procede sul filo del rasoio rischiando di cadere da un minuto all’altro ed è forse per questo motivo che l’esecutivo sta accelerando i lavori.
In un’agenda sempre più fitta, è probabile che venga inserito anche il “contributo di solidarietà”, già previsto nel decreto salva Italia risalente al governo Monti.
Proprio il sottosegretario al lavoro Carlo Dell’Aringa ha ipotizzato le modalità di questa manovra: “Rendere strutturale il blocco delle perequazioni delle pensioni più alte. Già ora temporaneamente non sono indicizzate al costo della vita, è una misura d’emergenza che potrebbe essere resa strutturale per le pensioni più alte, progressivamente, per arrivare fino alle pensioni altissime che potrebbero rimanere ferme in termini nominali e non più aumentate. Misura minimale ma che nel medio periodo produce comunque effetti notevoli”.
Quest’ipotesi, di tipo perequativo, non è l’unica: anche Giuliano Amato si è inserito nel discorso e, a fine luglio, ha consigliato, attraverso le colonne del Sole 24 Ore, di istituire un fondo in cui far convergere le risorse ricavate da un taglio agli assegni più alti.
La proposta dell’ex Presidente del Consiglio è stata presa in esame ma, come ha spiegato lo stesso Dell’Aringa, è di difficile realizzazione poiché prevede un contributo di solidarietà che potrebbe essere bocciato dalla Corte Costituzionale.
Il sottosegretario conclude la sua intervista dichiarando: “Stiamo lavorando per verificare la differenza nelle pensioni alte tra quanto percepito sulla base del più favorevole sistema retributivo e quella che sarebbe stata se si fosse applicato il contributivo: si può ridurre la pensione di una parte di quella differenza e utilizzare il gettito per alimentare le pensioni più basse”.
Nella stessa giornata il ministro del Lavoro Giovannini è intervenuto al meeting di Comunione e Liberazione prospettando uno scenario sgradito a buona parte degli italiani.
Per Giovannini è “fondamentale stabilire dove fissare l’asticella”, per definire d’oro una pensione: “se per pensioni d’oro si intendono quelle da 20 mila euro al mese a salire le risorse che si possono ricavare per ridistribuirle sono molto limitate.
È un tema complicato, perché per interventi che possano effettivamente avere un impatto bisogna scendere dalle pensioni d’oro a quelle d’argento e forse oltre”.
In effetti, il decreto salva Italia del dicembre 2011 aveva bloccato l’adeguamento al costo della vita per tutti gli assegni superiori a 1486 € lordi (1200€ circa netti) fino alla fine del 2013. Una pensione di tale livello non si può certamente definire d’oro o da casta ma la filosofia dell’esecutivo in materia pensionistica sembra ben rispecchiarsi nel mantra, ripetuto da Monti e Napolitano fino alla nausea, “Gli italiani, anche i meno abbienti, devono fare dei sacrifici”.