Se i costituzionalisti “aprono” alla Consulta
Ormai il balletto è iniziato: se nei primi giorni successivi alla sentenza della Cassazione sono stati pochi gli esperti di diritto costituzionale interpellati dai media per un’opinione sul caso Berlusconi, ora si infittisce il numero dei costituzionalisti intervistati dalle varie testate o autori di articoli di commento per cercare di fare chiarezza sull’applicabilità retroattiva della “legge Severino” e sulla sua legittimità costituzionale.
Come è già apparso chiaro nei giorni scorsi, non c’è accordo sulla rispondenza a Costituzione di un’applicazione retroattiva delle norme che prevedono l’incandidabilità in seguito a determinate condanne (compresa quella di Silvio Berlusconi). Praticamente tutti gli interventi, però, vedono con favore l’eventualità che la Corte sia chiamata a esprimersi su impulso della Giunta delle elezioni o dell’aula di Palazzo Madama.
Per Francesco Saverio Marini non ci sono dubbi sulla retroattività della norma: ”Si tratta di una misura afflittiva, si può discutere se sia penale o amministrativa, però si riferisce a fatti che sono precedenti alla legge: c’è stato addirittura il caso di un consigliere regionale che aveva compiuto un reato 20 anni fa ed è stato ritenuto incandidabile”. Diverso è chiedersi se la retroattività sia legittima. “Si potrebbe invocare l’articolo 117 della Carta, per una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sull’irretroattività non distingue tra sanzione penale e sanzione amministrativa“.
Perché questo possa essere appurato, ovviamente, la Giunta o lo stesso Senato dovrebbero avere titolo per sollevare la questione di costituzionalità. “Non ci sono precedenti in cui la Corte si sia espressa su questo – precisa Marini -. Alla Consulta interessa che l’organo eserciti la funzione giurisdizionale in condizione di indipendenza e terzietà: penso che la Giunta sia legittimata, ma l’ultima parola spetta alla Consulta, che potrebbe dichiarare l’eventuale ricorso inammissibile”.
Interpreta l’eventuale richiesta di intervento della Corte come ”un tentativo di guadagnare tempo” l’ex presidente della Consulta Ugo De Siervo, il quale sottolinea pure che “un Parlamento che fosse davvero convinto dell’inopportunità della legge potrebbe sempre modificarla”. Sulla qualificazione della fattispecie introdotta dalla legge Severino, De Siervo precisa: “la Corte Costituzionale varie volte ha giudicato su ipotesi di incandidabilità, affermando con chiarezza che si tratta di divieti profondamente eterogenei rispetto alle sanzioni penali, principali e accessorie“.
(Per proseguire la lettura cliccate su “2”)