Chiamatemi “Vincenzo I “
“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”
Articolo 139 della Costituzione della Repubblica Italiana
Il testo della nostra Carta fondamentale è chiaro: nessuna legge di revisione costituzionale può reintrodurre una qualsiasi forma di monarchia nel nostro paese. Nun se po ffa’ insomma.
Forse non tutti sanno però che le ultime elezioni regionali del 20 e 21 Settembre in Campania non hanno solamente confermato il Presidente uscente. La chiusura dei seggi ha sancito l’apertura di un nuovo Palazzo Reale a Napoli, a soli 550 metri di distanza dalla vecchia ubicazione di Piazza del Plebiscito (meglio nota come Largo di Palazzo).
Nella sede della Regione in via Santa Lucia si è difatti (re)insediato Vincenzo De Luca, il nuovo Re di Napoli. Un risultato dato per scontato nei mesi post-COVID ma incerto o, addirittura, di difficile realizzazione se si tiene conto dei sondaggi pre-pandemia. L’emergenza sanitaria ha difatti aiutato il Governatore, vuoi per l’effetto rally ‘round the flag (l’indice di gradimento dei politici con cariche di potere tende ad aumentare in situazioni critiche; la popolazione si stringe attorno al suo “leader”), vuoi per le dirette Facebook che l’hanno reso una star social, capace di oltrepassare l’oceano e arrivare persino a Naomi Campbell.
Il candidato del centrosinistra, d’origine potentina ma salernitano d’adozione, ha trionfato nel capoluogo campano, dove con il 66,58% delle preferenze e quasi 180.000 voti di distacco dal candidato di centrodestra Stefano Caldoro (al 3° posto in città, dopo la candidata pentastellata Valeria Ciarambino) ha conquistato circa 2 elettori partenopei su 3. Sembrano dunque lontani i tempi del 2015, quando alle scorse elezioni De Luca, sì, vinse in città ma con uno scarto di appena 12.000 voti. Cifre da capogiro che consentono all’ex Sindaco di Salerno di ampliare i propri orizzonti oltre la guida della giunta regionale e guardare all’elezione del Sindaco di Napoli del prossimo anno.
Basti pensare che le preferenze al Presidente in città (227.774) staccano non di poco quelle conseguite da De Magistris al 1° turno delle comunali 2016 (172.710) per accendere fortemente la corsa alla carica di primo cittadino partenopeo.
(Amore e) odio con il Nazareno
Se da un lato la tornata appena passata ha consentito a De Luca di assicurarsi una voce importante in merito alla scelta del candidato di centrosinistra per la corsa a Palazzo San Giacomo, dall’altra ha probabilmente spento ogni ventilata ambizione verticistica del Presidente nel suo stesso partito. Non che gli ambienti romani del Nazareno fossero nel suo mirino, ma la sua voce l’avrebbe potuta far sentire.
Le sconfitte di Emiliano e Giani l’avrebbero incoronato come unico argine all’avanzata del centrodestra, un Bonaccini del Sud. Come quest’ultimo, avrebbe potuto provare a dare una spallata al vertice dem. Dopotutto, da scaricabile in vista di un accordo PD-M5S per la candidatura del Ministro Costa in Regione, è divenuto modello, perno della coalizione 5stelle-free e unico governatore “rosso” la cui riconferma era data per certa. Ma così non è stato e il 20-21 Settembre hanno visto invece come vincitore politico della sua area il Segretario del PD, con il quale i rapporti non sono dei migliori.
Missione “Palazzo San Giacomo”
Che la scintilla tra Vincenzo De Luca e il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris non sia mai scoccata, è un dato di fatto: distanti ideologicamente e diversi negli approcci. Una collaborazione istituzionale mai avviata che ha portato ad attacchi e scaricabarile reciproci. Le elezioni comunali del 2021 sono pertanto un’occasione ghiotta per il Governatore di mettere le mani sulla perla partenopea e capitalizzare il successo elettorale, piazzando un primo cittadino a lui fedele e che riconosca la sua leadership.
Giunto alla fine del suo secondo mandato, DeMa non potrà ricandidarsi e dovrà scegliere un erede, molto probabilmente con un apostrofo tra quest’ultime due parole: tutto lascia presagire che la scelta per la successione ricadrà su Alessandra Clemente, fedelissima del Sindaco e Assessore al patrimonio, ai lavori pubblici e ai giovani. Un nome sul quale far convergere l’ala “moderata” del suo partito arancione e i principali centri sociali e movimenti di sinistra che hanno appoggiato la riconferma del 2016.
“Non farò più il giocatore, proverò a fare l’allenatore di una grande squadra. Noi sicuramente ci saremo, proveremo a dialogare con altri, ma anche pronti ad andare da soli” ha affermato l’attuale primo cittadino in un’intervista a Sky Tg24.
Gli ostacoli
Non sarà facile per il Presidente regionale imporre un suo nome.
Le basi di partenza ci sono: dall’affermazione plebiscitaria nel capoluogo e nelle zone tradizionalmente roccaforte di De Magistris (ad es. la Municipalità V) ad un gruzzolo di attuali consiglieri comunali a lui fedeli (in primis il gruppo “La Città” e il consigliere Nino Simeone).
De Luca si dovrà tuttavia scontrare anche con la leadership locale del Partito Democratico: il Segretario provinciale Marco Sarracino si è fatto portatore sul territorio della tendenza a livello nazionale, ossia un’alleanza strutturale con il Movimento 5 Stelle.
“Per il Comune di Napoli lavoriamo ad una coalizione sul modello di quella che sostiene il governo Conte, molto diversa da quella che sostiene De Luca” ha già affermato.
Su 5 città in cui PD e pentastellati hanno trovato un accordo per presentarsi insieme alle elezioni comunali dello scorso weekend, ben 3 ricadono nella Città Metropolitana di Napoli: Giugliano, Caivano e Pomigliano d’Arco, luogo natale del Ministro Luigi Di Maio.
La vittoria in questi 3 Comuni rafforzerebbe l’idea di una coalizione PD-M5S per la corsa a Palazzo San Giacomo del prossimo anno, scenario che i deluchiani vogliono scongiurare.
A Giugliano (125.000 abitanti, terzo comune della regione per popolazione e il comune non capoluogo di provincia più popoloso d’Italia) ad esempio, i giallorossi sostengono Nicola Pirozzi, che dovrà vedersela al ballottaggio con il Sindaco uscente, Antonio Pozziello, da sempre vicinissimo a Vincenzo De Luca.
Che aria tira oggi?
I numeri odierni, alla luce dei risultati cittadini delle regionali, vedono l’avanzare del trend deluchiano.
Se rapportati al 2015, la lista “De Luca Presidente” ha guadagnato in termini assoluti circa 37.000 nuovi consensi. Il PD vede invece calare di quasi 10.000 unità la propria base elettorale, rimanendo tuttavia la prima lista in città.
Se per l’area filo-presidenziale cominciano a girare i primi nomi da candidare come Umberto De Gregorio (Presidente dell’EAV, la holding regionale dei trasporti) e imprenditori capaci di attrarre l’elettorato moderato, orfano anche della primazia di Forza Italia nel centrodestra locale, il Partito Democratico può contare su una vasta gamma di scelte. Spiccano Nicola Oddati, responsabile Mezzogiorno nella segreteria nazionale del PD, e profili più istituzionali come il Ministro per gli Affari Europei Enzo Amendola o l’onorevole Paolo Siani, fratello del defunto giornalista Giancarlo.
Mancano 8 mesi alle elezioni ma la sfida è già cominciata. Se il PD a livello nazionale dovrà far fronte alle sfide di governo che lo aspettano, in primis Recovery Fund e gestione pandemica, a livello locale non potrà non tenere conto dell’avanzata di De Luca, che come un fiume in piena ha rotto gli argini salernitani e si è affermato anche nel capoluogo campano, pronto a insediare un suo feudatario all’ombra del Maschio Angioino.