Referendum la nuova battaglia dei Radicali e di Marco Pannella.
Per chi non conoscesse i Radicali – movimento liberale, liberista, libertario e tanto altro – basterebbe ripercorrere la storia dei referendum nell’Italia repubblicana.
Infatti dal 1974 a oggi, i militanti radicali non si sono limitati a organizzare scioperi della fame e della sete o picchetti pacifisti, bensì hanno anche promosso 110 referendum.
Soltanto 47 di questi, però, sono stati sottoposti al volere dei cittadini, a causa della bocciatura della Corte costituzionale o dell’intervento risolutore (in)tempestivo del Parlamento.
Ora, la battaglia referendaria radicale è ripresa da qualche settimana, a distanza di otto anni dall’ultima (referendum sulla fecondazione eterologa del 2005) e soprattutto dopo il successo della campagna 2011 promossa dai comitati dell’acqua pubblica e degli antinucleariusti (fra i tanti).
Se queste proposte dovessero essere accolte dalla Corte, potrebbero rilanciare la figura di Silvio Berlusconi e il progetto di Forza Italia 2.0. Perché? Andiamo a vedere quanti sono e in cosa consistono i quesiti presentati dai Radicali in migliaia di banchetti presenti nelle maggiori piazze italiane.
Inutile nascondere che la portata più invitante per il Cavaliere e i berluscones riguardi il piatto principale – quello “della casa” – ossia la giustizia. Cinque i quesiti – sette, considerando quello sul divorzio breve e sulla cancellazione della detenzione carceraria per i consumatori di droghe leggere –: 1) abolizione dell’ergastolo; 2) limite alla custodia cautelare; 3) rientro nelle funzione proprie dei magistrati fuori ruolo; 4) responsabilità civile dei magistrati; 5) separazione delle carriere di questi ultimi (l’ordine è ovviamente il nostro).
Prima di completare il quadro dell’offerta radicale, bisogna entrare nel merito di questi quesiti.
La prima proposta recita: “Volete voi che sia abrogato il codice penale approvato con Regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398 e successive modificazioni limitatamente all’articolo 17, comma 1, n. 2 che recita “l’ergastolo;” e all’articolo 22?”, per affermare il concetto (contenuto nella legislazione europea dei diritti umani) di “fine pena”, per cui il condannato deve rieducato e reinserito nella società.
Il quesito n°2 reca quanto segue: “Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 22 settembre 1988 n. 447, “Approvazione del Codice di Procedura Penale” e successive modificazioni, limitatamente all’articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni?”. Detto altrimenti, i Radicali chiedono di non abusare della custodia cautelare, nel corso della fase istruttoria del processo, a meno che non si tratti di reati gravi quali associazione mafiosa, violenza su minori ecc.
A seguire le tre bozze che riguardano direttamente la magistratura e non più i provvedimenti nel merito. La proposta numero 3 avanza un’espressa richiesta di dimezzamento della durata del processo, grazie alla “riammissione” in ruolo di ex magistrati “prestati” alla Pubblica amministrazione, “così da smaltire l’enorme quantità di processi che si sono cumulati, destinati inesorabilmente a diventare carta straccia per prescrizione”. Non solo: “Si intende porre un freno al fenomeno dei cosiddetti ‘fuori ruolo’, ossia a quei magistrati collocati presso gli uffici legislativi dei gabinetti ministeriali, garantendo con ciò la separazione dei poteri ed eliminando la commistione tra magistratura e alta amministrazione” (qui il testo).
Le ultime due proposte sono invece cavalli di battaglia berlusconiani, più volte presentate in Parlamento, senza aver mai trovato il necessario appoggio.
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Il testo sulla responsabilità civile dei magistrati è biforcato: “Volete voi che sia abrogata la legge 13 aprile 1988 n. 117 recante “Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita’ civile dei magistrati” e successive modificazioni, limitatamente all’articolo 2, comma 2 che recita: nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non puo’ dar luogo a responsabilita’ l’attivita’ di interpretazione di norme di diritto ne’ quella di valutazione del fatto e delle prove?”, mentre l’altro riporta: “Volete voi che sia abrogata la legge 13 aprile 1988 n. 117 recante “Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita’ civile dei magistrati” e successive modificazioni, limitatamente all’articolo 5?”. Secondo i promotori, l’iniziativa è volta a evitare l’impunità dei magistrati protagonisti di clamorosi errori giudiziari, “perché non si ripetano più casi come quelli di Enzo Tortora”, ormai paladino e martire del movimento radicale.
L’ultimo quesito sulla giustizia riguarda, appunto, la separazione delle carriere dei magistrati – nella versione del compianto Giovanni Falcone – per cui l’attività del Pm (l’accusa) dev’essere distinta da quella del Giudice.
Come ha più volte ricordato il legale di Silvio Berlusconi e parlamentare Pdl Niccolò Ghedini, “il Pubblico ministero deve togliersi il cappello di fronte al Giudice, mica andarci assieme al bar!”. Nelle intenzioni radicali, con questa proposta si vuole ricuperare il senso dell’articolo 111 della Costituzione sul diritto al “giusto processo” davanti a un “giudice terzo”, imparziale.
Ma la rassegna referendaria sui referendum radicali non si conclude qui: torna la proposta di abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (già approvata nel 1993), l’abrogazione delle norme restrittive in materia d’immigrazione in entrata e la libertà di scelta per la destinazione dell’8 per mille.
Dunque, i Radicali sono tornati alla riscossa. Possiamo già immaginare che il dibattito politico, nei prossimi mesi, diventerà ancor più rovente. Tante le adesioni nel mondo politico, soprattutto, da parte di esponenti del Pdl (Verdini e Giammanco) e di Scelta Civica (non favorevoli alla responsabilità civile dei magistrati). Chissà se arriverà presto la firma del “primo condannato d’Italia”.