Il (non) senso dei tacchi a spillo per Gasparri
“La scarpa è lo specchio dell’anima”. Si ignora se Alberto Savinio (scrittore e artista del secolo scorso, fratello di Giorgio De Chirico) rientri tra le letture di Maurizio Gasparri.
Ciò nonostante, oggi l’esponente Pdl – sollecitato da Klaus Davi durante KlausCondicio – non si è sottratto a un’analisi del rapporto che con la politica hanno il botox e – in tema di calzature – i tacchi a spillo.
Letta può stare tranquillo (almeno per ora): non si tratta di dichiarazioni che possono mettere a rischio la tenuta della maggioranza, ma certamente danno conto di una nuova, inattesa competenza dell’attuale vicepresidente del Senato (ed ex ministro delle Comunicazioni) assieme alla passione per le barzellette e per la musica (soprattutto quella di Lucio Battisti).
Dopo alcune domande sulla legge Severino, Berlusconi e il ritorno a Forza Italia, Gasparri accoglie con perplessità la domanda “Qual è il rapporto tra botox e politica?” che Davi piazza lì, con molta nonchalance; tempo qualche secondo, però, e la risposta arriva, chiaramente incentrata sul Pdl e sul suo leader, come se fosse stato un attacco da respingere, anche con un po’ di retorica.
”Berlusconi e’ riuscito a fare politica basando sempre la sua azione sul consenso, non certo su artifizi – annuncia con risolutezza il vicepresidente di Palazzo Madama, dopo essersi sincerato del significato del termine “botox” -. Non siamo un partito del botox, siamo un partito del consenso. Contano i messaggi e i contenuti, il botox è l’apparenza, che pure ha la sua importanza, non c’è dubbio”.
Fatto trenta, Gasparri deve aver pensato che si poteva fare anche trentuno, così non ha respinto nemmeno la domanda successiva “E come vede i tacchi a spillo in politica?” Qui, addirittura, il senatore si prodiga in un’analisi estetico-pratica dei tacchi, sia pure per evidenziarne la loro sostanziale inidoneità alla politica, specie se militante e romana.
“Una dose di tacchi a spillo in politica c’è sempre stata” sentenzia Gasparri, non senza premettere un’osservazione leggermente preoccupata, “purché non prevalgano o diventino la divisa obbligatoria” (e non è chiaro se oggetto del timore sia il doverli indossare o una possibile calata rosa in politica). Anche qui, sembra d’obbligo un passaggio tra la politica targata Pdl: il senatore rivendica come il suo partito abbia “valorizzato molto la componente femminile” (cene “eleganti” incluse?) e Berlusconi abbia saputo “lanciare vari talenti come la Gelmini e la Carfagna”.
Il meglio, però, deve ancora venire: il piatto forte è la risposta al dilemma proposto da Davi tra stiletto e ballerine. La convinzione di Gasparri, qui, è quasi granitica: “Preferisco in politica le donne con le scarpe basse perché in politica bisogna camminare molto tra la gente”. Non pago di esprimere la sua tesi, la sostiene con argomenti pratici: “Soprattutto a Roma, ci sono un sacco di sampietrini e con un tacco troppo alto è pericoloso girare. Un tacco alto o si spezza o si infila tra un sampietrino e l’altro e poi si blocca”.
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