«La benzina ogni giorno costa sempre di più / e la lira cade e precipita giù». D’accordo, non c’è più la lira, ma il pragmatico incipit di Svalutation di Adriano Celentano scritto nel 1976 non sembra affatto invecchiato. Purtroppo.
Stavolta la colpa dei rincari sarebbe il cosiddetto “effetto Siria”: le tensioni legate a un possibile intervento armato degli Stati Uniti (e, soprattutto, la possibilità che il conflitto possa estendersi a paesi vicini) hanno portato alle stelle il prezzo del greggio.
I carburanti vanno di conseguenza e, di solito, tendono più facilmente a salire che a scendere. Per dire, giusto ieri Quotidiano Energia ha rilevato il quarto rincaro consecutivo dei prezzi consigliati dalle compagnie, da quando si parla di “effetto Siria”. E questo nonostante nel fine settimana le quotazioni abbiano confermato una tendenza in discesa.
Così, il prezzo medio nazionale della benzina è 1,847 euro al litro, il gasolio si ferma a 1,750 euro, mentre il Gpl costa 0,814 euro, il tutto in modalità “servito”. La media è alta, ma potrebbe andare anche peggio se non la contenessero le pompe “no logo”: giusto oggi, infatti, il Codacons ha reso noto che in un distributore di Milano la benzina senza piombo ha superato la soglia “psicologica” dei 2 euro al litro e altrove non va meglio. Il tutto mentre in Spagna e Austria la verde costa mediamente 1,40 euro al litro.
Si assiste poi al consueto battibecco tra associazioni dei consumatori, che accusano le compagnie petrolifere e i gestori dei distributori di speculare sul ritorno a casa di chi è andato in vacanza, e l’Unione petrolifera che rivendica un comportamento responsabile dei suoi aderenti e – già che c’è – avverte che il possibile aumento dell’Iva aggraverebbe di altri due centesimi il prezzo dei carburanti.
Da un certo punto di vista, ci stiamo ormai abituando anche alla «corsa dei prezzi dei carburanti»: è quasi una certezza nei titoli dei telegiornali, una certezza che pesa come un macigno sui portafogli e limita gli spostamenti. Eppure il richiamo dell’Up sull’Iva ricorda perché da noi il prelievo alla pompa, rispetto ad altri paesi, somiglia davvero a un salasso: del restobasta digitare su Google la stringa «composizione del prezzo della benzina» per saperlo.
La solerzia della Rete ci ricorda come sul prezzo finale dei carburanti pesino, tra l’altro, le accise introdotte in occasione della guerra in Abissinia nel 1935, della crisi di Suez nel 1956, di disastri acquatici del Vajont e di Firenze, dei terremoti in Val Belice, in Friuli e in Irpinia, fino agli aumenti più recenti. Quasi tutte misure decise per far fronte a emergenze di vario tipo, per loro natura temporanee: il tempo è trascorso, molte emergenze sono terminate, ma le accise sono ancora lì. Tanto per cambiare.