Sembrano giorni delicati, questi, per il MoVimento 5 Stelle. Per lo meno, per i suoi parlamentari. Non sono i primi, non saranno gli ultimi. Ma l’atmosfera che sembra respirarsi in casa M5S non è particolarmente leggera.
A dirlo, stavolta, non sono i giornalisti, che si limitano a registrare le affermazioni dei senatori che ieri sera si sono riuniti a Palazzo Madama dopo lo stop dell’estate. Il tutto in diretta streaming, con replica della riunione oggi e qualche segnale (limitato) di apertura.
Un ritratto rapido e lapidario lo fornisce il cittadino Maurizio Romani, nella riunione di oggi: “E’ emerso un grande astio qui dentro, anche se nessuno ha il coraggio di ammetterlo. Sembra già che siamo divisi in due gruppi, forse tre“. La linea più “dura” è quella riassunta oggi dal capogruppo Nicola Morra: “Siamo in guerra. Siamo in guerra contro il palazzo e il potere“. L’unico tentativo di alleanza perseguito, quello tra Grillo e Bersani, “è stato tutto inutile”, quindi la guerra prosegue.
Il timore maggiore, manifestatosi già durante la riunione di ieri sera, era dato dalla possibilità che effettivamente qualcuno fosse disposto a lasciare il gruppo per poi sostenere questo o un altro governo: degli “Scilipoti”, insomma, così come loro stessi li chiamano. “Chi si aspettava di poter contare i voti da poter raccattare per sostenere un governo, e’ rimasto male” ha dichiarato ieri con risolutezza il precedente capogruppo Vito Crimi, ma i malumori non sono stati cosa leggera.
Soprattutto, ieri si è palesato – a modo suo – il confronto acceso tra “integralisti” e “aperturisti”, coinvolgendo anche il settore che finora era sembrato più “intoccabile” all’interno dei gruppi M5S, la comunicazione. Nei vari “gruppi di lavoro” in cui i senatori si sono divisi, infatti, si è lamentata l’assenza di una piattaforma per saggiare le reazioni degli attivisti e la poca efficienza della comunicazione interna (che a volte finisce alla stampa, non si sa perché); si è invitato ad avere più misura nelle reazioni (con l’autocritica di Paola Taverna, autrice del sonetto rimato contro gli “aperturisti”), ma sono finiti nel mirino anche temi più pesanti.
“Servono chiarimenti seri su possibili scenari futuri e su eventuali accordi partiti, sulla legge elettorale e sulla nostra posizione all’interno dello stesso Movimento” ha fatto notare ancora la Taverna ieri sera. Stefano Lucidi ha riconosciuto che nell’ultimo periodo si è registrata una “distanza tra la figura Beppe e noi all’interno“: altri dubbi riguardano la determinazione della linea politica, compresi i rapporti con chi è o sarà al governo, perché “è cambiata la nostra funzione forse nel tempo…”.
All’interno della riunione si sono ascoltate anche parole come “diffidenze e fughe di notizie” (che non sembrano incolpare solo i giornalisti), “strascichi” dalle espulsioni e perfino “poca trasparenza e molta diffidenza” sulla gestione economica del gruppo. Problematici anche il “grillismo”, inteso come “quel senso di rigidità paragonabile al bigottismo che impedisce il confronto e non consente di comprendersi”.
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L’aspetto della comunicazione esterna, poi, è stato toccato da molti. A chi aveva proposto di far parlare con i giornalisti solo il portavoce del gruppo, risponde di nuovo Romani.
“Non dovevamo andare ai talk show, ma con i giornalisti ci dobbiamo parlare. Se volete che non parli con nessuno, beh buttatemi fuori. Io sono un medico, sono abituato a parlare e a rispondere”.
Sulla riunione di ieri, poi, è scoppiato il ciclone Luis Alberto Orellana. Il senatore, prima dell’incontro, aveva bollato come “desideri del Pd e non solo” i numeri di potenziali transfughi del gruppo M5S. Una volta in riunione però, è esploso contro il capo della comunicazione Claudio Messora, “reo” di aver commentato pesantemente la notizia di possibili senatori “aperturisti”, parlando di persone che giocavano a fare i “piccoli onorevoli”.
“Messora ha insinuato cose gravi sulla nostra attività, ha scritto sciocchezze e offeso il nostro lavoro; non deve succedere che una persona da noi stipendiata si permetta di farlo – ha detto –. Gliel’ho scritto e non ha risposto. Ha creato grandissimi problemi, per me e’ una ferita aperta. Non ha la mia fiducia“. Pronta la difesa interna al gruppo: “Messora ha detto la verità – ha notato Carlo Martelli – qualcuno ha una coda di paglia enorme che gli ha preso fuoco“. “Mi sarei sentita offesa – ha tuonato la Taverna – se Messora avesse scritto piccolo cittadino, non piccolo onorevole”.
Orellana però non si limita a criticare la comunicazione: da lui, in fondo, viene il segnale più concreto degli “sguardi intorno”: “Sono per il dialogo come lo eravamo ad aprile scorso. Parliamo solo di se, si tratta solo di ipotesi che non si concretizzeranno, ma non bisogna avere tabù“. Cita gli esempi della Sicilia (in cui la collaborazione con Crocetta c’è, anche se traballa) e di Ragusa (“Lì abbiamo vinto perché ci siamo fatti aiutare da altri”) e chiarisce la sua posizione: “Non possiamo pensare di fare un governo in 50 e non possiamo metterci paraocchi con dei no assoluti“. Almeno, questo lo pensa lui, altri non sembrano dello stesso parere.
Da ultimo, arriva l’intervento di Beppe Grillo, attraverso il suo blog: il titolo, “Siamo in guerra”, è sullo stesso tono delle parole di Morra. “Kasparov, il campione sovietico, diceva che gli scacchi sono il gioco più violento che esiste. Ed è una partita a scacchi con un Sistema Organizzato a norma di legge quella in corso da anni in Italia”. Una partita che, secondo Grillo, ha sparso sangue e soprattutto ha visto (non solo in politica) un’occupazione di ogni spazio disponibile da parte del Sistema “continuo, incessante, a colpi di leggi, di disinformazione, dell’utilizzo di ogni regola fatta su misura”.
Nega il carattere violento del M5S Grillo: “Siamo rivoluzionari. Vogliamo cambiare la società, restituire ai veri giocatori, i cittadini, la scacchiera, il gioco. Cambiare in senso democratico la Costituzione e lo Stato”. Per il leader a 5 Stelle non ci sono alternative: la partita si vince o si perde, senza possibilità di alleanze o di pareggi.
“Siamo in guerra – dichiara – una guerra che deciderà il destino di questo Paese per il prossimi decenni. O ci sarà una svolta o una lenta stagnazione con facce nuove a proteggere i vecchi interessi di sempre”. E in un tempo in cui i giovani vestono i poco invidiabili panni di “rifugiati politici costretti ad espatriare”, non si deve parlare ma agire ed esserci.
Il monito finale è rivolto essenzialmente ad attivisti e simpatizzanti, con un editto e un annuncio: “Chi vuole guardarsi l’ombelico si tiri fuori. Il M5S non è il suo ambiente. Presto faremo il terzo V-Day. Tenetevi pronti”.