Non c’è ancora il “sì” del Congresso – per una decisione occorrerà aspettare vari giorni – ma sembra molto probabile che il Parlamento degli Stati Uniti arrivi a dare al presidente Barack Obama l’assenso per l’intervento militare in Siria.
Ieri infatti si è tenuto un incontro con il presidente della Camera, il repubblicano John Boehner, la leader dem alla Camera Nancy Pelosi, nonché il capo dei repubblicani al Senato Mitch McConnell (c’erano anche i rappresentanti delle commissioni sicurezza nazionale e forze armate).
Se Obama ha ribadito che nelle sue intenzioni c’è “un intervento limitato e proporzionato” che possa dare un messaggio chiaro ad Assad e ad altri stati “che volessero sfidare le norme internazionali, usando le armi chimiche”, un segno concreto di assenso è già arrivato dal presidente repubblicano della Camera: “È necessario rispondere all’attacco con armi chimiche in Siria: solo gli Stati Uniti hanno la capacita di fermare Assad” ha detto Boehner, che ha invitato gli altri parlamentari del suo partito a condividere quella posizione.
Dubita della possibilità che il Congresso americano possa bocciare la richiesta di intervento inoltrata da Obama Nancy Pelosi (e anche Hillary Clinton appoggia il pensiero di Obama): a questo punto, sarà la discussione, con la successiva votazione, a dire effettivamente di quali numeri dispone Obama sulla Siria. E’ anche già pronta una bozza di accordo, per lo meno in Senato, concordata dai leader della commissione Esteri: si prevederebbe un tempo limite di 90 giorni per l’intervento in Siria, escludendo espressamente la possibilità di inviare truppe di terra.
E se la Pelosi avesse torto e il voto fosse negativo? John Kerry, capo del Dipartimento di Stato, ascoltato dalla stessa commissione ha aperto uno scenario non definito: “Qualora il Congresso votasse contro l’azione militare, non so che farà Obama. Non me lo ha detto”. Parla di nuovo, infine, il presidente russo Vladimir Putin, con una piccola novità: se continua a bocciare ogni attacco unilaterale alla Siria, che non sia sotto l’egida dell’Onu (“Sarebbe un’aggressione”), per la prima volta sostiene che, in caso di prove inconfutabili sull’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad, “saremo pronti ad agire nel modo più deciso e serio“.
In seguito Obama, nel corso di una conferenza stampa a Stoccolma, lancia un appello agli altri stati: “Di fronte alla barbarie che si sta verificando in Siria la comunità internazionale non può restare in silenzio“. Una risposta simile a quella data a chi della stampa gli chiedeva se non ci fosse un contrasto tra la sua posizione attuale e il premio Nobel per la pace vinto a suo tempo: “Non possiamo restare a guardare”.
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Guardando al passato, il presidente USA sottolinea: “Io mi opposi alla guerra in Iraq e non sono interessato a ripetere gli errori che commettemmo di basare le decisioni su errate notizie di intelligence“.
Niente informazioni inattendibili sull’uso di armi chimiche, dunque. Obama, comunque, deve registrare l’annuncio di voto contrario da parte del suo primo sfidante, John McCain, alla bozza di accordo stilata dai leader della commissione Esteri.
Pronta, in ogni caso, la risposta di Damasco, pronta a mobilitare i suoi alleati (come Russia o Iran) in caso di attacco franco-americano contro la Siria. “Gli Usa e i loro alleati stanno mobilitando i loro alleati in vista di un’aggressione – dice all’Afp il viceministro siriano degli Esteri Faysal Moqdad -. Penso che la Siria abbia tutto il diritto di mobilitare i suoi alleati e che questi offriranno ogni tipo di sostegno”.
Resta duro, per il momento, l’atteggiamento di Mosca: “In ogni paese il Parlamento sanzionerebbe un atto simile – sottolinea il presidente russo Vladimir Putin – perché tutto quello che va oltre l’inquadramento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a meno che non si tratti di autodifesa, è un’aggressione“.
Gabriele Maestri